Si va a votare, che ansia! No, la mia agitazione non deriva dal chi votare, quello lo so già. Solitamente voto quelli che non vincono mai. Così come tifo per la squadra che perde o in un film tengo per quello che muore, è sempre così e sempre lo sarà.
La mia ansia per il voto deriva da tutto il corollario.
La tessera elettorale, tanto per cominciare. Dov’è? Eppure era li. Lo so, è sempre stata li. Nel primo cassetto in alto del settimanale, lo so, la metto li così i bambini è sicuro che non ci arrivino. Aspetta, no, è nel faldone coi documenti, quello nel ripiano in alto dello studio. È li, lo so. Niente, trovato, è nella scatola con i fogli della banca, nello scatolone sotto il letto. Neppure. Alla fine non si sa come mai è nel cassetto delle mutande. Comunque, l’importante è averla trovata. Ma è qui che arriva la domanda, “Amore, dov’è la mia tessera elettorale, non la trovo”. Si ricomincia, ma anche questa volta ce la facciamo. Pacca sulla spalla e di corsa al seggio.
Al seggio arriviamo coi bambini, che ovviamente non possono entrare con noi nella cabina. Dramma, panico, terrore. “MAMMAAAAA, ma io voglio proprio tanto venire con te, perché tu non mi vuoi MAI?”. Urlato a gran voce davanti a tutti, con enfasi sul tu-non-mi-vuoi-mai. Figlia mia, io ti vorrei anche, è di andare in galera che non mi va.
Il cellulare. Ti sei ricordata di lasciarlo allo scrutatore? Sì? Brava! No? Panico, e se squilla mentre sono a votare? E se qualcuno se ne accorge? Aspetta tolgo la suoneria, cazzo era già senza toni e ora li ho messi, BIP, non avranno sentito, vero? Meglio spegnere, spento? Ok. Tutto in borsa, sul fondo, metto sopra i pannolini del piccolo e con nonchalance voto.
Non sovrapporre le schede. Lo sanno anche i muri. O cazzo. Le ho sovrapposte, aspetta, no, così va bene. Voto con la matita copiativa, chiudo. Ansia da piegamento. Io che le lenzuola le arrotolo, aggroviglio, appallottolo, davanti alla scheda elettorale dispiegata ho un momento di vuoto. Chiudo gli occhi, penso a quando ero piccola e con la zia piegavamo tutte le tovaglie del ristorante, pian piano prendo consapevolezza e ce la faccio.
All’uscita due cose: infila la scheda nell’urna giusta, restituisci la matita. Queste parole me le ripeto dentro dalla cabina al tavolo degli scrutatori: urna-matita, urna-matita, urna-matita. Ed è così che rischio di infilare la matita dentro l’urna delle europee. Ma ce la faccio, infilo tutto nel posto giusto, restituisco le cose ai legittimi proprietari, riprendo la carta d’identità.
Eesco dal seggio.
Respiro.
Sono pronta per la maratona di Mentana, dove scoprirò che chi ho votato ha perso.
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