L’urinoterapia (curarsi con la pipì) risale ai tempi antichi. Speravo che a quelli si fosse fermata: e invece no.
Veniva chiamata “Frutto della vita” (a me sembra più frutto di grandi bevute di birra…), “Nettare celeste” (ma non è gialla?!), “Distillato di sangue” (e se proprio devo bere un distillato preferisco una grappa, grazie).
Gli Indù sostenevano che l’urina, fuoriuscendo dagli organi implicati nel sesso, potesse agire, bevendola, come potente energizzante sessuale: fortuna che poi hanno scoperto il Viagra.
Ti immagini se a una cena afrodisiaca al tuo fidanzato, al posto di uno Chardonnay, mettessi un bel “bicchiere di piscio”?…
Plinio sosteneva che la pipì curasse le ferite da morsicatura animale e le malattie della pelle (che magari diventava liscissima, ma soffrivi di solitudine perché nessuno ti si avvicinava manco a pagare) e Diodoro Sicule, in alcuni scritti, testimoniava che l’urina servisse per curare l’igiene dentale (molare pulito, ma anche morale a puttane).
Sembra inoltre che l’acido urico combatta i radicali liberi e rallenti il processo di invecchiamento (che magari sembri sì più giovane, ma puzzi come da morto).
Il principio cardine dell’urinoterapia è che si beva la propria pipì e non quella altrui (almeno quello, sai, mi scoccerebbe andare lì col vasetto a chiedere di farcela dentro), perché gli esseri umani vengono concepiti e si sviluppano all’interno della placenta, costituita prevalentemente di urina, quindi bere la propria pipì può normalizzare e rinforzare il proprio sistema immunitario.
«Caraaaaaa, che si beve per cenaaa? Cosa stappiamo di buono?».
«Tesoro, tìrati giù le mutande e falla nella brocca di cristallo, stasera scaraffiamo, yuhuuuuu».
Qualcuno sostiene che serva pure come antidepressivo (beh, farla quando ti scappa forte aiuta sicuramente a scaricare il giramento di palle, ma berla… Non credo, ecco).
Quando si inizia l’urinoterapia è molto importante limitare il fumo, l’alcol e aumentare il consumo di frutta e verdura (grazie al cazzo, saranno mica questi i motivi per cui stiamo meglio?).
Ovviamente queste teorie sono campate in aria e non hanno alcun riscontro scientifico, e per stemperare la sensazione di nausea che vi ho provocato, illustrerò un piccolo aneddoto.
Si racconta che durante una lezione di chimica un professore sia entrato in laboratorio con in mano un barattolo pieno di urina dicendo:
«Due buone qualità per un chimico sono ingegno e concentrazione. L’ingegno vi potrebbe far intuire che un metodo semplice per scoprire la presenza di zuccheri nelle urine è assaggiarle».
Detto questo mette un dito nell’urina e poi lo lecca.
«Qualcuno vuole provare?».
Uno studente che non crede che quella sia pipì ci mette dentro il dito e assaggia, sentendo che è proprio urina.
Al che il professore continua:
«La concentrazione invece vi potrebbe far scoprire che ho immerso il medio e ho leccato l’indice».
[:]
Leave a Reply