Ennesimo attacco terroristico.
Altre morti. Altre innocenti vite distrutte. Indagini. Polemiche.
No, non sono impazzita e nemmeno in preda ad un raptus di cinismo puro. Semplicemente, sono stufa. Amareggiata. Incavolata nera.
Io vivo in un paese considerato tra i più colpiti dal terrorismo. Qui non scherzano, ragazzi. Entrano e ti massacrano. Prima però ti fanno vivere per mesi con la paura di quando arriveranno, entreranno e ti massacreranno. Le motivazioni che guidano questa violenza cieca sono le più inimmaginabili, senza alcuna logica o senso: i terroristi si scagliano contro tutto ciò che è da considerare peccato, riassumibile nella nefasta influenza dell’occidente, fonte di ogni male e di ogni corruzione. Stiamo parlando di invasati che negano la sfericità della Terra, le teorie evoluzionistiche di Darwin e, già che ci sono, pure il ciclo dell’acqua, per dire. O che rapiscono 276 studentesse per farne della schiave.
Dove vivo io, al sud, non sono ancora arrivati, per fortuna, ma l’abbiamo più volte rischiata grossa. Ci sono stati momenti in cui per entrare al supermercato ci si doveva sottoporre a perquisizione. Così, come se fosse niente. Le mie figlie lo prendevano anzi come un gioco. “Mamma, questa mi fa il solletico!“. “No, cara, sta cercando se per caso nascondi delle bombe sul pancino“. Così la nostra normalità ne risulta compromessa. La soglia di pericolo per un europeo è chiaramente diversa da quella di chi abita in un paese africano come la Nigeria. Un motivo di conforto a cui mi sono sempre aggrappata era l’illusione che in Europa si potesse condurre un’esistenza al di sopra di tutto questo. Senza l’ansia di rapimenti, furti violenti, attacchi terroristici.
Da qualche tempo a questa parte devo dire che mi sento più sicura dopo le vacanze, quando prendo l’aereo per tornarmene in Nigeria. Almeno sai quello che ti aspetta.
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