Per tutti i peli sul mento!

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Un paio di anni fa, mia madre mi stava raccontando una storia, quando a un certo punto si è interrotta a metà dicendomi: “è ora che io ti dia una cosa, seguimi”. All’improvviso sono ritornata undicenne, subito dopo averle detto che avevo trovato i miei slip macchiati di sangue. Usando le stesse identiche parole, mi ha indicato il cassetto dove erano riposti gli assorbenti.

Mi ha portato in camera da letto e, con maestria degna di un chirurgo dentista, mi ha fatta sedere su una poltrona reclinabile strategicamente posizionata tra una finestra molto grande e il comò. Lì sopra, giaceva una serie perfettamente allineata di oggetti posti su un fazzoletto di cotone. Nell’ordine, c’erano: diverse paia di pinzette, di cui una con una punta curvata in modo particolare, fazzolettini di carta piegati, una bottiglietta di olio emolliente, e una pila di bastoncini di cotone. Io mi guardavo intorno, alla ricercar di aghi, magari un trapano, che so, forse anche un set di denti in ceramica.

“Hai un pelo sul mento”, mi ha detto mia madre con sguardo preoccupato.

“Ah, sì?”, ho risposto malcelando il tono di voce impanicato, mentre mi toccavo il mento. Eccolo, era lì, che spuntava come un piccolo filo di paglia di un giardino ornamentale. Senza alcun preavviso, ho sentito il desiderio di sbarazzarmene, così l’ho preso tra le unghie e gli ho dato diversi strappi veloci.

In quel momento mia madre ha detto “Non puoi fare così, è troppo spesso, non andrà via. Ecco, prendi queste”. Con un gesto drammatico della mano mi ha passato le pinzette, quelle con la punta arrotondata. LA PUNTA ARROTONDATA! Che avrà voluto dire? “Non preoccuparti, è tutto normale”, mi ha rassicurata, “e ho qualcos’altro che ti renderà la vita facilissima”.

E mi ha dato uno specchio.
Le ho risposto: “Posso farlo davanti allo specchio del bagno”.

Ridacchiando, mi ha guardata tutta emozionata. “Oh no, lo specchio del bagno non riesce a fare…QUESTO!”

“QUESTO specchio ha una lente d’ingrandimento”, mi ha detto.

Lente d’ingrandimento? Ho preso lo specchio e ho esaminato il punto nascosto. Ma ciò che mi è parso davanti agli occhi è stato uno spettacolo senza pietà. Oh, madre crudele, perché non mi hai preparata prima a ciò che avrei visto poi?

Perché, esattamente come mi aveva detto mia madre, e cioè che partorire sarebbe stato come bere un bicchier d’acqua, aveva omesso di dirmi che guardarmi allo specchio con una lente d’ingrandimento incorporata mi avrebbe lasciata in posizione fetale accanto al suo letto.

All’improvviso, immagini della mia infanzia, come un flashback, la pelle liscissima -flashback- immagini della mia pelle brufolosa da adolescente -flashback- immagini della mia pelle durante la gravidanza, di nuovo luminosa e rosea come da bambina – flashback- e ora, un’immagine della mia pelle da quarantenne con i peli, e i pori, e rughe che neanche pensavo esistessero.

Dopo un primo momento di smarrimento, ho respirato profondamente e a lungo e ho deciso di esaminare minuziosamente il mio viso.

Sono rimasta affascinata, ma al contempo orripilata da un qualcosa che, pur guardandomi allo specchio quasi giornalmente, nel frattempo stava sviluppando un proprio ecosistema. Lo specchio magico mi rifletteva una famiglia di creature microscopiche, con una madre che metteva a letto il suo bimbo in un poro così dilatato che aveva ancora spazio per tre gemelli.

“È un po’ uno shock la prima volta, vero?”, ha detto mia madre, ridendo della mia reazione. Mi sentivo come se stessimo per fare “quel” discorso sulla verginità e perdita di essa. Già, entrambi gli argomenti erano scioccanti, dolorosi, imbarazzanti e anche molto deludenti.

Mentre la guardavo ridere di me, mi sono resa presto conto di come mia madre volesse assistere a questo momento che, con tutta probabilità, era stato il suo stesso shock vent’anni prima. Ciò che ci stava accomunando erano i peli sul mento! Potevamo quasi usarli per farci un brindisi come fossero bicchieri da vino o, addirittura, con quei peli extra lunghi avremmo potuto battere il cinque.

“Eccheccazzo!”, ho esclamato, mentre non riuscivo a distogliere lo sguardo dallo specchio. “Non voglio più guardare, ma non ce la faccio a non guardare!”

Così è nata la storia. Ho cominciato a tirarmi via I peli dal mento, girando e rigirando, rimanendo senza fiato alla scoperta di uno nuovo in ogni angolino nascosto. La piena luce del giorno era diventata sia un’amica, che la mia peggior nemica. Sono rimasta stupita dalla totale soddisfazione masochistica che ne traevo, soprattutto quando mi strappavo quei peli più spessi che avevano tuberi più che radici. Mi sono poi avventurata nel mondo del labbro superiore, solo per rendermi conto che mi ero completamente sbagliata nel credere che dopo un paio di anni di cerette fosse tutto sotto controllo.

E questo ha dato il “la” all’età delle pinzette. Mi ci sono buttata a capofitto, perfezionando le mie capacità depilatorie sulle orecchie di mio marito, le sopracciglia della mia figlia adolescente, fili scoloriti del tappetino della doccia, un pelo dal neo già peloso del cane del mio vicino, e addirittura anche su un pezzetto del mio giardino.

Ma presto ho scoperto che c’era un altro specchio magico: lo specchietto retrovisore dell’auto. Sebbene avessi creduto di essermi liberata di ogni singolo pelo esistente in faccia, ecco lo specchietto retrovisore pronto a rivelarmi i tanti che non avevo ancora notato, proprio come un vero amico che ti dice in separata sede della caccola che hai nel naso.

Certo, so benissimo che esistono procedure quali l’elettrolisi, se davvero volessi fare le cose in grande, ma al momento riesco a cavarmela bene con le pinzette. Dopo l’incontro ravvicinato con lo specchietto retrovisore, ho comprato uno specchio con lente d’ingrandimento anche se capisco le ragioni che, dopo aver letto della mia esperienza, vi spingeranno a non acquistarlo.

Si dice “beata ignoranza”, no? O forse preferireste coltivarvi i peli del mento per, diciamo, il bene di donarli agli usignoli per farci il nido, allora buon per voi!

A onor del vero, mi sono abituata a guardare non soltanto i peli, ma anche la pelle a distanza ravvicinata e, sì, questo mi ha portato a un’ulteriore consapevolezza che la mia pelle stia invecchiando inesorabilmente. Se mi piace invecchiare? No, ma lo accetto in tutta tranquillità.

Forse è meglio così, perché possiamo trovare un punto d’incontro con altre donne come quando lo troviamo discutendo di Montepulciano o Barolo. Per esempio, ogni anno il mio gruppo ristretto di amiche del liceo ha cominciato a riunirsi tutte le estati nella nostra città. Quando sono arrivata io l’anno scorso, la prima cosa che mi hanno chiesto è stata: “Nic, ti strappi via i peli dal mento?”

Alleluia! Pensavo di essere la sola a essere in menopausa precoce, esattamente come quando si ha paura di essere o la prima o l’ultima ad avere il ciclo per la prima volta tanti anni fa.

“Ovvio!” ho risposto, tirando fuori la bottiglia di vodka dal bagagliaio del SUV, mentre cercavo di reprimere il desiderio di battere il cinque con il mento, anziché con le mani.

Traduzione di: Roberta Polimanti

Per leggere l’articolo originale, clicca qui: http://thesyndromemag.com/by-the-hair-of-my-chinny-chin-chin/[:]

Nicole Borke

Started life on a hobby farm in a small town in British Columbia, Canada. Here, she gained education on critical matters such as how to discriminate between goat turds and black jelly beans at Easter egg hunts. When she was in grade five, she resolved to one day write a book and now, in her forties, she’s putting the final touches on her first novel and has recently launched a blog, normalizingnicole.com—procrastination is one of her strongpoints. Proud to be a Canadian, mom, wife, university student advisor and woman (the latter, despite the f@#$ hot flashes of early menopause), she reflects a lot on the gifts and struggles that come with entering midlife. She refuses to accept that aging is a downhill tumble, but rather, a powerful leap into the mosh pit of life where we can offer invaluable wisdom (and some hot bottom-lip-biting dance moves, to boot).

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Nicole Borke

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