Poco convinta  mi decido ad andare da uno psicologo, qualche seduta giusto per indagare un po’ su questa depressione ricorrente.

Entro e mi trovo un quarantino robusto e piacevole. Guardo velocemente come è vestito. Sportivo, una felpa con la zip, un po’ troppo informale forse, ma ci può stare.

La scrivania è disordinata quanto basta, tutto sommato le cartelline dei pazienti sono ben accatastate  e poi si è fatto trovare con il pc acceso e l’archivio già aperto, quindi va bene. Eppure c’è qualcosa che non va….

Lo ammetto: penso sia troppo giovane per i miei gusti. Sarò stupida ma il fatto che uno più giovane di me debba analizzarmi mi disturba. Ma cosa vuoi che ne sappia uno che potrebbe essere mio figlio di me!

Mi fa parlare, tanto, troppo. Poi inizia a parlare lui e  descrive esattamente quello che sono. Dunque, a causa della mia educazione piuttosto severa, sono molto “doverizzata” e quindi il  senso di colpa è sempre pronto ad intervenire. Penso troppo ai  figli e pretendo che le cose vadano  come la mia mente le vede, anche se è  per il loro bene. Mi spiega che la mia è in fin dei conti una forma di perfezionismo perché se non riesco a fare in modo che i problemi si risolvano come intendo io, vado in ansia e mi sento in colpa.

Ah ecco, dovrei cambiare (ma va), pensare un po’ a me stessa (ma vaa), e mollare il controllo (ma vaaaa?).

Ma è quello che mi dice sempre Anna quando ci andiamo a prendere il caffè!

Poi prende un foglio per cominciare a scrivere qualcosa: esasperato senso del dovere e di responsabilità, senso di colpa, severità verso se stessa e gli altri, autostima  un po’ bassa.

Guardandomi sorridendo (ma perchè?) mi dice: poi c’è l’ansia che sta sempre in mezzo a tutto come il prezzemolo…

Io prendo il foglio dalle sue mani, cancello tutto con una linea obliqua e con il pennarello scrivo grande:

DONNA

……….Te la do io la diagnosi………..

Sorride : 60 euro senza ricevuta