L’uomo frigido lo riconosci subito. Da non confondersi col rispettoso, che in alcuni tratti lo ricorda, l’uomo algido è quello che in estate ti parla guardandoti negli occhi anziché nella scollatura.

É colui che bacia con la punta della lingua (ferma), che non suda nemmeno in agosto durante una maratona.

É sempre pallido ialino al limite del lunare, spigoloso in tutto, anche negli zebedei, non tradisce, non si scompone, a letto non ti palpeggia ma ti sfoglia come se tu fossi un libro (purtroppo non il kamasutra).

ghiaccioL’uomo glaciale non ti interrompe, dissente con garbo, non si incazza nemmeno se lo provochi, se rovesci una tanica di olio, se gli fondi il motore dell’auto, se il tour operator gli sposta la vacanza di un anno, se lo licenziano, se ti trova coinvolta in un’orgia a 10 in cui sei l’unica femmina.

Quando, e se, sorride, lo fa alzando solo un angolo della bocca (non tutti e due, potrebbero strapparsi le labbra), parla senza scoprire i denti a guisa di robot con voce monotona, cadenzata; ha pochi amici fidati ma con chiunque è ligio e irreprensibile.

Trovasse i ladri in casa li convincerebbe ad accomodarsi per sorbire un caffè.

L’uomo frigido eiacula una volta all’anno (è trattenuto proprio in tutto) e in mano, per non sporcare o spargere inutilmente il seme (che pare volgare) e se mai dovesse sbagliare mira, correrebbe ai ripari con cencino e sgrassatore, non russa (tanto che di notte allunghi una mano per sentire se è vivo).

Mangia misuratamente e con le posate stilando in automatico con la mente il computo calorico utile al fabbisogno quotidiano, non si abbuffa, non rutta, non scoreggia nemmeno in bagno, non la fa sull’asse ma centra la porcellana, per evitare il rumore scrosciante dello zampillo.

Man in classic suit.

Man in classic suit.

Devoto ai genitori, alla suocera, comanda il cane con gli occhi e guarda solo programmi istruttivi, a volume moderato, sbirciandoti con compiacenza mentre dormi spaparanzata sul divano con la bava alla bocca.

Io ne ho frequentato uno, anni fa, trascorrendo il tempo a cercare un tasto dolente che lo facesse scomporre o adirare: gli ho messo il sale nel caffè, gli ho fatto il sacco nel letto, l’ho coperto di solletico ovunque, gli ho forato le gomme, offeso la madre, bruciato i vestiti col ferro da stiro.

Poi una sera casualmente ho trovato il punto debole, e l’ho fatto esplodere.

L’ho spettinato in pubblico, a una cena pallosissima, con un gesto che credevo affettuoso.

Col volto finalmente paonazzo è diventato una belva, me ne ha dette di tutti i colori ravviandosi la pettinatura (del tutto simile a quella scolpita di Ken) e finalmente mi ha dato il motivo per dileguarmi, nonostante (eureka!) una scintilla avesse squagliato il gelo rivelando il suo lato positivo: era umanamente fallibile, come tutti coloro che lui definiva bambacioni.[:]