E pochette sia…

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Se dovessi fare il classico video delle youtuber “what’s in my bag?” durerebbe svariate ore e dentro trovereste pure Ciro, il fruttarolo sotto casa e Dr. Sholl, ma non i cerottini proprio il Dr. Sholl che mi massaggia i piedi. Ma è successo ragazze. Stavo alla Coin e l’ho vista, bellissima, fantastica, coloratissima e mi chiamava, ho comprato una pochette. Sì, io Laura Magnani ho comprato una POCHETTE.

Ero così felice. Ma la felicità è durata poco, perché mettere lo stretto necessario dentro ad una pochette quanto è difficile?

Stavo impanicata vera. Inizi con: prendi i documenti della macchina, infilaci la patente dentro, poi infila il portafoglio, no merda, il portafoglio è più grande della pochette, allora ari-prendi i soldi mettili nella custodietta della patente che ho precedentemente inserito nei documenti della macchina, ok, prendi le chiavi, ari-merda ho troppe cazzate attaccate, leviamole. Che mancano? I trucchi. Qua dramma. Allora metto dentro, terra, pennello, blush, eyeliner, rossetto. Sigarette e accendino “Perché non ho smesso di fumare ODINOOOOOOOO????”. Si ci sta tutto. Daje. C’è da dire che la pochette ha preso una forma strana, sembra il tacchino della Festa del Ringraziamento farcito da un camionista calabrese con tanto di canotta unta e pelo in vista.

Arriviamo in discoteca. Ammazza quanto me la credo. Quanto mi piace la pochette attaccata al braccio come se fossi un carcerato. Prendiamo da bere. Voglia di sigaretta, cerco l’accendino, mi stanno per cadere i documenti, trucchi, chiavi e l’anima de li mortacci mia e di chi non me lo dice con la mano aRzata, pure la R di arzata mi stava cadendo.

Ragazze, ero la cosa più goffa che si potesse vedere: sta bustarella attaccata con il rischio che ad ogni mio singolo movimento si aprisse, sto drink mezzo rovesciato addosso dal passaggio delle leggiadre valchirie che si dimenavano sulle notte di “Andiamo a comandare” che ti fanno pure spaventare “Oddio, ha un attacco, ha le convulsss….ah no è Rovazzi” e sta sigaretta che è stata oggetto di tortura nei confronti del povero cristo che si trovava accanto a me, insomma una parola sola: il disagio.

La mia storia con la pochette è finita. e’ stata come una mignotta, anzi peggio non ho nemmeno goduto, usata e gettata via, nello scaffale delle borse dimenticate. Devo ficcarmelo in testa: io non sono figa, e non sono una figa di legno, ergo non ho bisogno di nessuna pochette.

I miei outfit da scafista albanese non li tradirò mai più, ve lo prometto.[:it]

Se dovessi fare il classico video delle youtuber “what’s in my bag?” durerebbe svariate ore e dentro trovereste pure Ciro, il fruttarolo sotto casa e Dr. Sholl, ma non i cerottini proprio il Dr. Sholl che mi massaggia i piedi.
Ma è successo ragazze. Stavo alla Coin e l’ho vista, bellissima, fantastica, coloratissima e mi chiamava.
Ho comprato una pochette.
Sì, io Laura Magnani ho comprato una POCHETTE.

Ero felice. Sì, ero… La felicità è durata poco, perché sapete quanto è difficile mettere lo stretto necessario dentro ad una pochette?

Stavo impanicata vera. Inizi con: prendi i documenti della macchina, infilaci la patente dentro, poi infila il portafoglio, no merda, il portafoglio è più grande della pochette, allora ari-prendi i soldi mettili nella custodietta della patente che ho precedentemente inserito nei documenti della macchina, ok, prendi le chiavi, ari-merda ho troppe cazzate attaccate, leviamole. Che mancano? I trucchi. Qua dramma. Allora metto dentro: terra, pennello, blush, eyeliner, rossetto. Sigarette e accendino “Perché non ho smesso di fumare ODINOOOOOOOO????”.
Sì ci sta tutto. Daje.
C’è da dire che la pochette ha preso una forma strana, sembra il tacchino della Festa del Ringraziamento farcito da un camionista calabrese con tanto di canotta unta e pelo in vista.
Arriviamo in discoteca.
Ammazza quanto me la credo.
Quanto mi piace la pochette attaccata al braccio come se fossi un carcerato.
Prendiamo da bere. Voglia di sigaretta, cerco l’accendino, mi stanno per cadere i documenti, trucchi, chiavi e l’anima de li mortacci mia e di chi non me lo dice con la mano aRzata, pure la R di arzata mi stava cadendo.

Ragazze, ero la cosa più goffa che si potesse vedere: ‘sta bustarella attaccata con il rischio che ad ogni mio singolo movimento si aprisse, ‘sto drink mezzo rovesciato addosso dal passaggio delle leggiadre valchirie che si dimenavano sulle note di “Andiamo a comandare” che ti fanno pure spaventare “Oddio, ha un attacco, ha le convulsss… ah no è Rovazzi”, e ‘sta sigaretta che è stata oggetto di tortura nei confronti del povero Cristo che si trovava accanto a me.
Insomma una parola sola: il disagio.
La mia storia con la pochette è finita. È stata come una mignotta, anzi peggio, non ho nemmeno goduto, usata e gettata via, nello scaffale delle borse dimenticate.
Devo ficcarmelo in testa: io non sono figa, e non sono una figa di legno, ergo non ho bisogno di nessuna pochette.
I miei outfit da scafista albanese non li tradirò mai più, ve lo prometto.[:]

redazione Syndrome Magazine

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