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Nigeria e Jet set: il momento in cui ho scoperto chi sono.

 

Esiste un momento, nella vita di ognuno, in cui qualcosa cambia. Quell’istante magico in cui lo scenario che sembrava dover restare lo stesso, diventa diverso in un attimo. Colori saturi, contrasti più netti, illuminazione alterata che sfuma i contorni e esalta solo le cose belle, quelle che volete vedere.
E non sto parlando dei filtri di Instagram chiaramente. Sto parlando del momento in cui vi si rivela chi siete davvero. Non succede a tutti, forse non succede sempre o forse succede solo a chi vuole accorgersene.
A me è successo. In Nigeria, precisamente.
Forse non ci crederete ma basta poco. Davvero poco, per cambiare la propria vita.
Certo, magari detta così potrebbe non sembrare così semplice ma, fidatevi, che lo è.

L’aspetto più figo di vivere all’estero in un paese straniero difficile come laNigeria è che hai la possibilità di fare una vita sociale pazzesca. “Magnificent”, come usa qui.
Diciamocelo: fino all’altro ieri, in Italia, non ti si filava nessuno, passavi le serate guardando la televisione, spiaggiata sul divano con un plaid tirato sulle gambe e una ciotola di pop corn, ma ora che sei qui, la tua vita è rivoluzionata.  Gli espatriati (così vengono definiti tutti coloro che arrivano da “fuori”) arrivano con contratti di lavoro da parte di grandi aziende e vengono automaticamente inseriti nell’alta società. O presunta tale. In pratica è come se avessi acquisito una nuova identità. Tutti ti chiamano “Madame”, ti ossequiano, pendono letteralmente dalle tue labbra. Conosci tutti e tutti ti conoscono. Ti trattano come se fossi un luminare della scienza anche se hai una risicatissima laurea in BOHlogia presa per corrispondenza in Albania. E poi ti invitano a tutte le feste, anche quelle più spettacolari dove ti danno pure l’invito stampato su carta intestata d’oro e c’è persino il dress code: abito lungo, abito scuro, abito da cerimonia…

Improvvisamente passi dal servire i tavoli alla trattoria sotto casa a sfilare sul tappeto rosso delle celebrità.
Come può tutto questo non dare alla testa? Semplice: non può.
Ci si sente estremamente lusingati da un mondo patinato e sberluccicoso fatto di feste e di meravigliose creature che ti circondano e ti fanno sentire importante. Alla fine SEI importante. Diventi così importante nella scala delle importanze che quasi non ti importa nemmeno.

 

Eppure, ancora niente. Nessuna illuminazione. Nessun clic magico che ti fa capire il senso di tutto. “Eh quante ne vuoi! Sei diventata una diva, che altro ti serve?” Si potrebbe dire.
Ma il momento magico non ha regole, non c’è un codice preciso che lo fa scattare. Lui arriva quando meno te lo aspetti.

Sei nel bel mezzo di una festa, ti stai godendo lo scintillio delle decorazioni e l’affettazione tipica del bel mondo, tutti ti guardano e ti invidiano, tranne lui: il barista.
Sei proprio di fronte a lui, dovrebbe come minimo sorriderti e parlarti con voce vellutata.
E invece ti ha appena chiesto cosa vuoi da bere senza sbattere le ciglia, senza emozionarsi, senza notare nemmeno che tu, la dea delle dee, sei scesa in terra.
E bumti accorgi che il tuo livello di importanza è del tutto relativo, che è tutta una costruzione della tua fervida immaginazione. Ed improvvisamente torni con i piedi per terra. Ed è fantastico
Allora ti rendi conto che chiunque può essere al tuo posto. Che i tuoi meriti speciali non esistono. Che sei come gli altri. Che non c’è nulla oltre alla patina d’oro. Che alla fine, sotto sotto, sei rimasta quella sempliciotta provinciale che preferisce servirsi invece di essere servita.
Così ti rimbocchi l’orlo dell’abito-lungo-da-cerimonia, fai il giro del bancone, dai uno spintone nemmeno troppo gentile al barista che ti ha aperto gli occhi e gridi: “Allora, chi vuole un gin tonic?“, mentre affetti con maestria da professionista un limone.
Perché nientre ti fa capire chi sei davvero come un gin tonic fatto come si deve.

 

Paola Arduino

Grande sostenitrice della progettazione, mi diletto a programmare viaggi che non farò mai, carriere impossibili da intraprendere, diete che non intendo seguire, libri che non ho alcuna intenzione di scrivere. Tra un progetto e l’altro, faccio la Proof, la mamma, la moglie, l’amica, la scrittrice, l’illustratrice, la scema.

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Paola Arduino

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