Il Menarca, parte prima

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Che si chiamasse “menarca” l’avrei scoperto molti, molti anni dopo, quasi al limite della “menopausa”.

Personalmente, quando arrivò, credevo si chiamasse “Sto per morire dissanguata”.

Eh si, perché nessuno mi aveva avvisata del fatto che, ad un certo punto della mia vita di ingenua adolescente anni 70, mi sarei all’improvviso ritrovata in un lago di sangue tipo “Profondo Rosso” (1975, appunto), convinta di essermi accidentalmente ferita con l’elastico delle mutande (prima ipotesi, deboluccia), la seggetta del water (seconda ipotesi, vacillante), la supposta di glicerina della sera prima (terza ipotesi, credibile).

Mi ricordo, comunque, che non persi la calma ma persi direttamente i sensi e caddi lunga distesa nel bagno di casa, incastrata fra il water ed il bidet, con la carta igienica srotolata addosso per via della testata che avevo battuto nel portarotolo. Nemmeno il conforto di morire in una posa plastica, tipo diva del muto, per dire.

Quando rinvenni, la mia mamma era lì, accanto a me.

Di solito sintetica, monosillabica, francamente ermetica quando doveva parlarmi di sesso, nel caso del menarca, forse pentita per non avermi avvisata in tempo, divenne logorroicamente prolifica di spiegazioni (Spiegazioni?!):
“Sei diventata signorina! Ti sono venute le tue cose! E’ arrivato il marchese!”.

Disorientata e confusa, pensai che certamente, nel soccorrermi, fosse scivolata ed avesse battuto la testa anche lei. Non c’era altra spiegazione per quella serie di informazioni (Informazioni?!) slegate e deliranti che mi aveva buttato addosso così, tutte d’un fiato.

Due traumi cranici e un marchese (Un marchese?!) in famiglia, nella stessa giornata, erano un bel record, davvero.

“Hai capito che ti ho detto? Sei diventata signorina!” Ripeté mia mamma, sorridendo, mentre mi toglieva la carta igienica dal viso.

“Si, si, ho capito. Cioè, vuol dire che posso mettermi le calze di nylon? Guarda, mamma, non è che ci tenga così tanto, pizzicano da morire e poi ho già provato, mi ci rimangono incastrati i peli”.
“Ma no! Cosa c’entrano le calze di nylon! Dai, ti sono venute le tue cose”.
“Ah, sì, le mie cose. Le mie cose?! Ma non era una cosa sola, quella che volevano gli uomini, quella del corso di educazione sessuale in 7 secondi?! Cioè, ora sono diventate di più?! Ma allora ditelo, che già non so come gestirne una! Ma quante sono, di preciso, queste cose? E, soprattutto cosa cosano?” (Mi stava venendo coso, lì, coso, il delirio, ecco).

“Amore, amore ma davvero non ha capito?Eppure è cosi chiaro”
“Insomma, mamma, forse è il colpo in testa ma davvero, non ci ho capito un granché”
“E allora mi spiego meglio: E’ arrivato il marchese!”
“No! Ma allora avevo capito bene! Mamma, non scherziamo,eh! Mandalo via con una scusa, che sono in condizioni disperate! Ma dimmi tu se, con quanti giorni ci sono in un anno, doveva venire proprio oggi che sto per morire dissanguata!”.[:]

Barbara Civitelli

Barbara, 52 anni, toscana, legge e scrive a livello non agonistico. Cazzeggiando si salva la vita, evita l’analisi e colma il divario fra sogno e realtà. Nella vita di tutti i giorni fa il medico e ama la comicità. In realtà aspirava al contrario ma si è confusa.

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Barbara Civitelli

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