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Con la mia carrozzina sono una furia. Curvo, sterzo e vado in retro con la stessa normalità di un pilota di rally o forse più come Beep Beep di Willy il Coyote, peccato che sotto al mio sedere c’è un motore e ancora più peccato che non posso farlo sgasare in pista, ma tra le mura di casa, in un negozio, al cinema o comunque in un ambiente chiuso, dove gli altri usano le gambe.
Ed è così che vi trasformate inconsciamente in birilli da centrare. Ne faccio quasi un gioco giornaliero.
Il mio essere maldestra raggiunge l’apice nell’azione dello sbattere. Sbatto io, sbatto la carrozzina, sbatto le cose che ho in mano facendole cadere.
Fare della mia esistenza uno shaker, come fossi perennemente sul tagadà a Gardaland è un gesto inconsapevole, direi meccanico. Ecco perché se utilizzo protezioni è meglio. Dovrei andare in giro come una giocatrice di hockey sul ghiaccio, ma le poche zone scoperte sarebbero comunque a forte rischio d’impatto.
Oppure devo vestirmi come i ridicoli giapponesi dei giochi al massacro di “Mai dire banzai”, morivo dal ridere a vederli sempre in piedi, meglio di 7 vite come i gatti.
Ecco, più o meno così, ho travestito la mia Canon 1200D con una custodia paraurti rosso fuoco.
Sia il corpo macchina, l’obiettivo e la ghiera vivono sogni tranquilli anche in mano mia. Non sapevo che esistessero le cover per le reflex, ma questo mi consola: non sono l’unica elefantessa a questo mondo.
Vorrei chiedere ad EasyCover d’inventare una cover tipo muta da sub per infilarmici dentro, forse solo così eviterò davvero danni.
[:it]Mancano pochi mesi alla fine di questo 2017 stravolto da situazioni, come ogni anno dallo stesso sapore ma dal profumo diverso. Per ogni fine c’è sempre un inizio e ogni inizio è fatto di bilanci su cosa lasciamo e di propositi su cosa ci aspettiamo per l’anno che verrà. Trasformiamo i voleri in preghiere, i sogni in condizionali, facciamo promesse da marinai a qualcuno lassù, diventando credenti col timer acceso. I bilanci di inizio anno mi fanno schifo, tanto quanto i “potrei”. Ci sono cose che non cambiano proprio mai, anzi peggiorano più passa il tempo.”Sei un elefante in una cristalleria” è la frase che mi lascia il buongiorno e la buonanotte.
Proprio così: sono nata maldestra e mi mantengo tale, ben contenta di non deludere aspettative altrui.
Con la mia carrozzina sono una furia. Curvo, sterzo e vado in retro con la stessa normalità di un pilota di rally o forse più come Beep Beep di Willy il Coyote, peccato che sotto al mio sedere c’è un motore e ancora più peccato che non posso farlo sgasare in pista, ma tra le mura di casa, in un negozio, al cinema o comunque in un ambiente chiuso, dove gli altri usano le gambe.
Ed è così che vi trasformate inconsciamente in birilli da centrare. Ne faccio quasi un gioco giornaliero.
Il mio essere maldestra raggiunge l’apice nell’azione dello sbattere. Sbatto io, sbatto la carrozzina, sbatto le cose che ho in mano facendole cadere.
Fare della mia esistenza uno shaker, come fossi perennemente sul tagadà a Gardaland è un gesto inconsapevole, direi meccanico. Ecco perché se utilizzo protezioni è meglio. Dovrei andare in giro come una giocatrice di hockey sul ghiaccio, ma le poche zone scoperte sarebbero comunque a forte rischio d’impatto.
Oppure dovrei vestirmi come i ridicoli giapponesi dei giochi al massacro di “Mai dire banzai”: morivo dal ridere a vederli sempre in piedi, meglio di 7 vite come i gatti.
La cosa importante però rimane sempre il voler comunque andare, anche nell’imperfezione, anche rompendo qualcosa, accidentalmente e non, per non lasciare impronte troppo profonde che ingabbiano i ricordi e li sporcano, tanto. No non si può aspettare sempre gli altri e non si può stare ad ascoltare il suono delle rotture di cazzo.
Non si può cambiare per piacere e piacere senza cambiare niente. Non si può stare immobili per essere sulla stessa traiettoria degli altri così da farli inciampare, e salvarli, o lasciarli a terra, ignorandoli. Non si può avere senza prima essere o essere senza avere qualcosa di proprio da raccontare.
Non si può, ma si potrebbe.
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