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Chiariamo subito una cosa: al giorno d’oggi, se non hai un profilo su LinkedIn, beh, non sei nessuno.
Una caccola del naso ha più chance di te di avere successo nella vita.
Un cactus del Deserto del Sinai ha più legittime aspirazioni rispetto a te.
Il Cicciobello morbillino è più commerciabile del tuo intero pacchetto professionale.
Insomma, gente. Rassegnatevi e datevi una mossa: nato nel 2003, LinkedIn, questo enorme portale della domanda-offerta di lavoro, conta oggi oltre 430 milioni di utenti in 200 Paesi diversi.
È indubitabilmente una vetrina imperdibile.
Quindi rompete gli indugi e fatevelo, un profilo PRO su LinkedIn.
Una foto e un curriculum.
Totalmente di vostra ideazione, senza nessun controllo o verifica seria.
Chiaro che conviene attenersi un minimo alla realtà, ma sono concesse molte licenze poetiche.
Il mese estivo in campeggio con gli scout puó diventare un Master in Green and Organic strategies.
Fare l’assistente alla poltrona del dentista, fa di te un Vice-president in a Board of directors.
Sei alla cassa del McDonald di Assago? Financial Administrator.
Giri la griglia delle patatine fritte? Executive Manager in a Country Branch of a Multilevel company.
Però non esagerate, perchè su LinkedIn è sempre molto attivo il fact-checking, da parte di soggetti o gruppi specializzati nella sgamata anti-bufale con relativa presa per i fondelli.
Detto questo, su LinkedIn devi cercare di mostrarti dal tuo lato professionale migliore, scattarti un selfie a 64 denti e sfoderare tutte le tue esperienze, abilità, lauree e dottorati allo scopo di farti notare, studiare, analizzare e possibilmente contattare da ditte o società che si occupano della selezione del personale per grandi gruppi e multinazionali.
Una specie di mega-vetrina virtuale del lavoro qualificato e iperprofessionalizzato.
Quindi, ci si aspetterebbe una specie di asettico e biodegradabile contenitore del tutto orientato al business.
Nel senso che, letteralmente, LinkedIn è uno dei posti dove con più facilità e frequenza si viene arpionati da uomini o donne (mica si fa una questione di genere, ormai…) interessati, più che al vostro curriculum, alla vostra 4 coppa C di reggiseno o, anche peggio, all’ammontare del vostro conto in banca.
In sintesi, altro che Badoo.
Un piccolo assaggio di LinkedIn e capirete dove si stia spostando l’Ars amatoria virtuale.
Intanto, suona sempre molto hardcore il fatto che il social vi comunichi chi ha visionato il vostro profilo. Nome e cognome.
Se non è gente del vostro settore, di solito appartiene alla (vasta) schiera degli utenti LinkedIn “Livello Guardone”.
Oppure si tratta di vecchi conoscenti o compagni di scuola delle medie, di cui avrete perso completamente la memoria ma che di voi, stranamente, riMembrano tutto. Questi, molto spesso, vi abborderanno in chat, giusto per un “ciao, ti ricordi di me?” che vi costerà una delle più penose figure di merda della vostra storia.
Ma i migliori sono quelli che vi contattano mettendo in campo elaborate truffe di lungo periodo, soprattutto se siete una donna danarosa e di una certa età. Il fenomeno è worldwide, parecchio diffuso.
Le chiamano “internet romance scam”, iniziano con tono professionale, poi virano in corteggiamenti assidui ed appassionanti e finiscono con crescenti richieste di denaro. Spesso, con minacce e ricatti.
Attenzione, quindi, a non rilasciare mai a nessuno su LinkedIn, a meno che non si tratti di persone molto conosciute e qualificate, informazioni dettagliate sul vostro status economico personale e sul vostro stato civile o famigliare.
Ma l’abbordaggio via LinkedIn più frequente vi arriverà da presunti cacciatori di teste (headhunters) che vi diranno di stare facendo selezione (recruiting) per danarosi imprenditori o fantomatiche imprese leader di settore.
Anche questi sono spesso truffatori provetti, specializzati nel carpire i vostri dati.
In sintesi, un’analisi attenta del profilo del vostro Romeo o Pigmalione va sempre fatta accuratamente.
Se tutto quadra, ma solo se, buttatevi pure a capofitto anche in questa nuova avventura.
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