La pubblicità è l’anima del commercio, e fin qui ci siamo.
Ma perché gli ideatori di spot ce l’hanno particolarmente con le donne?
Al di là dei casi in cui siamo vergognosamente trattate come manichini, soprammobili, oggetti sessuali, portatrici sane di tette e culo, tutte magrissime ma con le curve giuste, giovanissime, gnocchissime, ipertricotichissime (ma solo per quanto riguarda i capelli) elegantissime, sensualissime, (e quelle poche che parlano hanno la voce vellutata e suadente, perché le oche solitamente starnazzano, e in certi spot è meglio tacere).
Avete presente come viene ritratta la figura femminile nelle ‘altre’ pubblicità, ovvero quelle che, al posto di esaltare le nostre doti fisiche, ci relegano a casalinghe disperate, compulsivamente malate dell’igiene, domatrici indomite di acari, calcare, ragnatele, fornelli incrostati, colletti mosci, macchie resistenti, sporco impossibile, pavimenti opachi, stoviglie luride e cazzi sgualciti?
Perché la donna negli spot o è bella e oca (con tutto ciò che ne consegue: tacchi a spillo, labbra turgide e bagnate, unghie perfettamente laccate, tette al vento, pose da maiala, frasi dominate dal doppio senso) o è un disastro vestito come Olivia di Braccio di Ferro, stitica e con la pancia a tamburo, le ascelle pelose, le gambe gonfie e ricoperte di peli incazzosi, affetta da un irresistibile prurito vaginale, coi calli duri come il mogano, un’incontinenza che manco se apri la diga del Fort Randall Dam, e poi artrosi, capelli sfibrati (opachi e color can che fugge), ciglia rattrappite, cellulite a grappolo, vene in procinto di esplodere, capillari a ragnatela, rughe scavate con l’aratro?
E ancora: avete presente la pubblicità degli assorbenti, quella secondo cui le donne col ciclo possono paracadutarsi direttamente da Marte, gareggiare al Tour De France, correre la Mille Miglia, grazie al pacco miracoloso?
Ma non esiste una cavolo di via di mezzo per i pubblicitari, dico io?
Che ne so, mi piacerebbe vedere che Charlize Theron, mentre si bagna sulla battigia con l’aria fra l’assorto e l’arrapato, ad un tratto venisse assalita da uno strizzotto di pancia, perché l’Activia ha fatto effetto proprio in quel momento, e deve correre in cabina a causa dello squaraus.
Oppure mi farebbe davvero piacere, almeno per una volta, vedere che una casalinga intenta a scrostare i fornelli dal grasso che pare accumulato in 10 anni di fritture, improvvisamente sentisse suonare il campanello, mollasse tutto, e il postino gnocco le consegnasse una vincita da milioni di euro, ottenuta col grattino in dote al pacco di bottiglie da 6 di acqua oligominerale (quella che aveva comprato per sciogliere la cellulite a grappolo). Lei esulta, abbraccia il portalettere (che se ne frega se lei è spettinata, struccata, col grembiule, le ciabatte pelose come i polpacci e l’intimo scompagnato) e trombano selvaggiamente sull’uscio, incuranti dello zerbino da scuotere.
Insomma, cari pubblicitari, vedete di non relegarci gli stereotipi di cui sopra: le donne non sono o oche o cessi ossessionati dal pulito e devastati dagli acciacchi. Siamo dolcemente complicate, difficilmente catalogabili (come dice un vecchio adagio).
In media stat virtus, ma purtroppo, non pubblicitas.[:]
Annamaria Arlotta
Bella la prima parte dell’articolo. Ma anche voi, con la scena del postino, abbinate la donna alla sessualità, come fanno i pubblicitari che criticate. Non se ne esce, eh? Peccato.
michela
Mi piace molto il semplice concetto della via di mezzo!
PS: se posso permettermi, trovo invece sgradevole il pay-off “cliccami tutta” del magazine, in controtendenza al contenuto, appunto dell’articolo qui sopra.