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Sarò breve.
Se qualcuno oggi ha creduto di vedermi per strada travestita da evidenziatore, volevo dire che non è come sembra. Cioè è come sembra ma non è proprio così. Mi spiego.
Piove.
Per non uscire con i cani con la solita busta in testa, ho avuto la brillante idea di cercare nell’armadio qualcosa che avesse il cappuccio.
Scorrendo con lo sguardo in mezzo ad un mare di palandrane di mio marito, di 4 taglie più grandi della mia e tutte rigorosamente blu, l’occhio mi è caduto su una inappropriata ed abbagliante macchia di colore che spiccava come un ravanello nell’insalata: la giacca FUCSIA che il mio consorte mi aveva regalato l’anno scorso, e che io, per evidenti ragioni di pudore, avevo completamente dimenticato di possedere.
E’ lì, nuova, fantascinante, sbirluccicosa, che mi guarda con aria di sfida, aspettando il suo momento di gloria.
Non è rosa baby, glicine, ciclamino, rosa shocking. No. E’ tremendamente, irrimediabilmente, FUCSIA.
Come i capelli di Tecna delle Winx.
Come la criniera di Pinkie Pie.
Come il vestito di Zoe zebra, l’amica di Peppa Pig.
Ora io dico, basta guardarmi un attimo, anche di sfuggita, per capire le preferenze cromatiche del mio strabiliante outfit quotidiano, che comprende, jeans a parte, tutte le sfumature del NERO, virando solo occasionalmente su tonalità leggermente più vivaci in caso di eventi eccezionali tipo la perfetta giornata di primavera, che mi fa schizzare le endorfine ai livelli di Mary Poppins mentre canta.
Quindi, FUCSIA. Perfetto per me.
Posso dire senza vergogna alcuna di essere andata in giro con i cani conciata in tutte le maniere di merda possibili, dai leggins bucati e/o sbavati, alle Converse da buttare, ai calzini diversi, spingendomi fino al pigiama, nei casi più estremi, ma il tutto portato sempre con grande nonchalance e naturalezza, sentendomi sempre perfettamente a mio agio.
Ma mai, e dico veramente mai, mi sono sentita così in imbarazzo e fuori luogo come quando oggi sono uscita vestita da UNIPOSCA, con addosso quella nuovissima, perfettissima, fantacolare giacca FUCSIA.
Mi sentivo fosforescente, e in effetti lo ero.
Ho sperato per tutto il tempo di non essere notata, il che era pressoché impossibile, dal momento che mi avranno vista anche dallo spazio.
Incontro Mario che mi fa: “Ciao Elena! Sei andata a qualche festa di Carnevale eh? Stai bene così, da…
Pausa. E che cazzo vuoi dire Mario, lo so.
“Che faccio lascio aperto il portone, Ele?
Ciao Ele, buona giornata.”
Il disagio inside. Lo scuorno cosmico.
Sono tornata a casa di corsa, bisbigliando “che figur ’emmerd, puozzpassànuguaiotueomynipony!” e poi un solo pensiero in testa, folgorante.
Ma come ho fatto a non pensarci? La soluzione era lì, a portata di mano.
Sono uscita di nuovo, finalmente libera da tutto quell’agghiacciante fucsiame, leggera e felice.
E mentre camminavo a testa alta, ho fatto una promessa a me stessa: mai più senza sacchetto della munnezza addosso quando piove, giurin giuretta.
#perchèiovalgo[:]
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