In centro, hanno messo i cassonetti dell’immondizia digitali.
Gli amici, e tutte le mie valvole di sfogo, già conoscono gli effetti che la digitalizzazione dei rifiuti ha avuto nella mia vita, dalla passeggiata con il secchiello dell’organico, al momento in cui ho utilizzato per la prima volta la tessera magnetica e il mio nome è apparso a caratteri cubitali tra il cassonetto del residuo secco e quello del vetro.
Attendo con ansia il giorno in cui getterò la tessera insieme ai cartoni della pizza, o quando tenterò di ritirare i soldi con la tessera dell’immondizia e tenterò di buttare l’immondizia con la prepagata. Nel frattempo mi limito a farvi la cornaca di quello che accade di fornte alla magia dell’immondizia moderna.
Ore 12.00. Caldo infernale. Pisa, centro.
Un vecchino mi si avvicina con le mani dietro la schiena mentre butto la busta della plastica.
Lo guardo. Mi guarda.
Annuisce. Annuisco.
Mi sposto al secchio del cartone e il vecchio mi segue .
Mi fermo. Annuisce .
Indica le scatole . Sorrido incerta.
“Le servono le scatole?” azzardo.
“Deve romperle quelle. Altrimenti gli altri non possono buttare le loro” dice lui, agitando il dito severo.
“…Sssi. Lo faccio”. Sorrido io, rilassata come il Joker.
Per i 5 minuti successivi, ho rotto 4 scatole davanti agli occhi vigili di un vecchino – per niente spaventato dalla canicola – che mi controllava.
Si vede che sono nella fase della vita in cui sono più interessante di un cantiere.
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