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Il vero milanese è nato a Pechino

 

Non potrei vivere in nessuna altra città italiana che non sia Milano: è la “city” d’Italia, la metropoli, la vera capitale urbana. E poi lo shopping, la moda, la vita notturna, il business, la Rinascente, i Navigli… Il milanese della sua città ama tutto, persino le giornate grigio-smog, quando nemmeno il sole osa comparire per non distrarre con inutile luminosità il rigore delle giornate di lavoro.

A Milano ci si sveglia presto e si esce di casa di buon’ora, perché alle 9:00 devi essere in ufficio e prima c’è il rito del cappuccino con brioche. Mentre guidi, vedi un bar, molli un attimo l’auto in seconda fila, che tanto torni in 5 minuti, ed entri.

“Ciao Signola, tu vuole fale colazione sì?”. Cinesi. Ma come?… Vivi a Milano, ami la tua città, la city che non cambieresti con nessun’altra e il cappuccino lo fa il cinese? E non va bene. Ti giri. Te ne vai.

Risali sulla tua auto, non fai in tempo a chiudere la portiera e ti si avvicina un nigeriano che ti vuole vendere accendini, braccialetti portafortuna e pedalini bianchi di spugna:

“Sorella, compra tu accendino per 1 euro”.
“No, grazie… Non fumo”.
“Dai sorella, compra tu calzina per 5 euro”.
“No, grazie… Non porto pedalini bianchi di spugna”.
“Dai sorella…”.
“Uè, ciccio: sono figlia unica. Chiudiamo qui la conversazione”.

Che poi tu stai sempre pensando al tuo cappuccino con brioche calda. Cerchi di allontanare l’immagine del pedalino. Metti in moto, riparti.

Accidenti al traffico della metropoli. Coda. Semaforo. E lavavetri.
“Tu molto bella signora, io lava tuo vetro!”.
Fai segno di no: hai lavato l’auto, è perfetta, scintillante e non desideri che te la imbrattino spantegandoci sopra un mocio putrido immerso in bava di lumaca.

“Io lava vetro di bella signora, eh?…”.
“No, grazie”.
“Io lava?…”.
“Ho detto di no!”.
“Allora lava?…”.
“Ma no, cazzo!”.
“Ok, io lava!!!”.

E ti spalma sul parabrezza uno strato di fanga mischiato con albume d’uovo, poi ti porge la mano: “Due euro”. Cioè. Il prezzo lo fa lui. Non puoi dargli quello che vuoi o che hai: vuole proprio 2 euro. Che poi sarebbero quelli che hai in tasca per cappuccino e brioche. E glieli dai, che tanto ormai è tardi e alla colazione ci hai anche rinunciato.

Arrivi sotto il tuo ufficio, inizi a cercare parcheggio. Dopo tre giri dell’isolato ne trovi uno che è grande esattamente come la tua auto, per parcheggiare devi avvalerti dell’aiuto di un satellite spaziale. Ma tu sei testarda, dopo mille manovre ce la infili. Certo, avessi avuto il parabrezza senza strati di muco avresti fatto meno fatica. Sosta a pagamento, ti servono degli spicci. Ma gli ultimi 2 euro di moneta li hai dati al rumeno che ti ha smerdato il vetro.

Cerchi un bar per cambiare una banconota, eccone uno. Che fortuna.

“Ciao Signola, tu vuole fale colazione sì?”. Ancora cinesi. Porca miseriaccia, io voglio fare colazione in un bar milanese! Ti giri e te ne vai.

Hai fame, ti serve moneta per il parcheggio e inizi a essere in ritardo. Al quinto bar in cui ti senti dire “Ciao Signola, tu vuole fale colazione sì?”, rispondi:
“Cappuccio e brioche, grazie”. E inizi a capire perché Berlusconi ha dato la squadra di calcio della città ai cinesi. Che poi… A dirla tutta, ‘sta brioche e ‘sto cappuccino erano anche buoni.

A pranzo, pizza con i colleghi.
Da “Zizo”, che c’è Mohamed Mostafà Abdou Al Baqqà che fa la pizza più buona di tutta la città.[:]

Loredana Giorgi

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Loredana Giorgi

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