Giro la chiave e apro la porta.
Ma forse, essendo venerdì sera, giro la porta e apro la chiave.
Non sono stanca, è la stanchezza che si chiede chi cazzo io sia, perché le sto sempre addosso e non la mollo.
Faccio un lavoro pesante.
Ho lasciato l’ufficio alle 18, sono riuscita a prendere il treno delle 18.30 correndo a perdifiato da corso Magenta a piazzale Cadorna con le calze a rete che cedevano e le scarpe con il mezzo tacco che si infrangevano sul selciato lanciando moccoli di fango e cuoio sul marciapiede.
Sono arrivata a Saronno alle 19.05, ho fatto un’altra corsa a piedi attraversando la provinciale Milano-Varese e due rotatorie, recitando il rosario e l’hare-crishna in loop, beccandomi almeno due parolacce e tre maledizioni da automobilisti incazzosi dell’inizio week-end.
Sono entrata all’Esselunga tutta sudata e spettinata, lo sguardo stravolto e un fiatone come Mennea alla finale dei 200 metri a Mosca nel 1990.
Le guardie di sicurezza nel vedermi comparire devono avere come minimo attivato il “warning” internazionale e richiesto all’FBI un controllo urgente sulla mia mappatura facciale, dalla quale è comunque risultato che sono incensurata, di religione cattolica e che possiedo una tessera Fidaty ORO da almeno dieci anni. Quindi OK, posso passare.
Ho fatto la spesa in 16 minuti netti, buttando nel cestello un po’ di tutto, a caso, incurante di sconti, promozioni, offerte e tre-per-due.
Ho pagato alla cassa self-service, che ovviamente si è bloccata sull’ultimo articolo.
Ho quindi chiamato l’assistenza ma quella stronza di una commessa stava lì, impalata, in una corsia e non mi considerava.
Allora sono corsa da lei, pronta a farle il culo per la sua negligenza, quando mi sono resa conto che stava aiutando un’anziana in evidente difficoltà deambulatoria e allora mi sono sedata, ho chiesto scusa e mi sono rimessa ad aspettare il mio turno.
Dopo cinque minuti – pari a tre ere geologiche – la commessa mi ha sbloccato la cassa. Ho completato l’acquisto, sono uscita di corsa e con due borse piene e pesantissime sono arrivata a casa, arrancando sui gradini dell’ingresso.
Ore 19.29.
Ho messo via la spesa mentre accendevo il fornello, pulivo il bagno, ascoltavo mio figlio in Storia per la verifica di domani, cazziavo mia figlia perché non pulisce la camera, rispondevo a due sms di mia madre e mettevo tre cuoricini nel gruppo whatsapp delle mamme del calcio.
Ho preparato la cena, che, essendo venerdì, prevede religiosamente il pesce. Quindi, minestra di legumi, spada e calamari alla griglia con verdure di contorno.
Bene.
Alle 19.59 torni a casa tu.
Entri in cucina.
Mi chiedi “Cosa c’è da mangiare?”
Ti dico “Spada e calamari alla griglia”
Mi dici “Ah, stasera il pesce non mi va. Mangio solo un po’ di minestra”.
Poi Papa Francesco prega Dio di stare vicino alle coppie di conviventi.
Ma io dico che anche noi sposati abbiamo bisogno di una mano.
Divina.
Sennó 20 anni per omicidio ce li becchiamo di sicuro. A ogni week-end.
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