L’altro giorno ho finito Fleabag, la serie più amata di tutti i tempi. Almeno per me. E no, non ci sarà una terza stagione.
Quando finisce una serie che hai amato, dentro di te qualcosa si spezza.
Quando la serie che hai molto amato è probabilmnete una delle più belle, geniali, femministe degli ultimi anni le cose si complicano.
Quando la serie che hai amato ha come protagonisti i personaggi forse più sexy mai visti, allora è veramente un casino.
Sono arrivata a Fleabag per vie traverse, grazie a Olivia Colman, una delle mie attrici preferite. Ho iniziato a guardarlo senza troppe pretese, sapendo che gli episodi erano brevi, le battute divertenti e nulla di più.
Era la serie per il pranzo nelle giornate in cui mangio a casa da sola.
E invece.
SBAM!
L’amore.
La prima serie mi ha presa, stritolata, sbatacchiata di qua e di la, lasciata con un vuoto da riempire, ma col sorriso, perchè sapevo sarebbe tornata.
La seconda mi ha letteralmente squarciata dentro. Nulla è stato più com’era prima, nulla sarà più uguale. Ho pianto tanto, ho riso molto, ho riflettuto, guardato, pensato, amato, sognato, sperato, tifato e alla fine, sono rimasta senza parole.
Con le lacrime pronte a uscire.
Il cuore che non smette di battere.
Lo stomaco attorcigliato.
C’è l’amore, tanto amore, c’è un personaggio femminile che probabilmente è il migliore che io abbia mai visto prima d’ora. E c’è lui, il prete. Il sexy prete. In inghilterra, su twitter, instagram l’hashtag #hotpriest è in cima a tutte le ricerche, guardate Fleabag e capirete il perchè.
In Fleabag i due personaggi principali non hanno nome, nessuno sa come si chiamino. Fleabag è solo Fleabag, ma nessuno comunque la chiama mai così. Il prete è solo “The priest” o “Father”. Non voglio spoilerare nulla a chi non lo ha ancora visto.
La fine di Fleabag per me è stata deflagrante, come un amore estivo. Come il mio fidanzatino conosciuto al mare a 18 anni e che sapevo fin da subito non avrei rivisto mai più.
Lo stesso.
Quelle cose che arrivano, ti prendono, ti squarciano, ti lasciano li e tu non sarai più quella di prima. Quell’amore che ti forma mentre aspetti che arrivi l’amore vero, quello grande e potente, che ti cambia per sempre e tu sai che se non fossi passata da quell’amore estivo, forse nulla sarebbe successo.
Come l’amore delle vacanze, la fine di Fleabag mi ha portato a fare cose molto cretine, tipo a passare giornate a cercare notizie sui protagonisti, Phoebe Waller Bridge, meravigliosa attrice e sceneggiatrice e lui, Andrew Scott, il sexy prete.
Oppure riguardare in loop solo le scene di loro due insieme recuperare i fotogrammi persi, quello sguardo che non avevo notato, l’occhiolino che mi ero persa o la lacrima che non avevo visto scendere. In questa follia ho trovato una mia amica, anche lei pazza come me. È per questo che, donne ormai navigate, passiamo le giornate a mandarci messaggi come due adolescenti in preda all’ormone, con su scritte idiozie tipo “kneel”, “ I know”, “we are gonna have sex, aren’t we?” “It’ll pass”.
Farlo ci serve, ne abbiamo bisogno. Dobbiamo parlare di Fleabag, del prete e del Gin & Tonic in lattina. Come quando tornata dal mare ti guardi e riguardi la smemo con tutte le dediche, le foto stampate un po’ mosse e lo scontrino di quelle due birre prese al chiosco sulla spiaggia.
Non prendeteci per pazze, siamo solo in astinenza.
Ed è qui, in ginocchio, come Fleabag davanti al sexy prete, con le lacrime agli occhi che vogliamo chiedere a Phoebe, a Jeff Bezos, a tutta la BBC e pure alla Regina Elisabetta, di ripensarci, che noi di Fleabag abbiamo ancora bisogno.
Ancora una serie, una sola. Sei puntate da 26 minuti non sono sufficienti. Non così, perché non deve finire così. Acora qualche minuto. Ancora una volpe, ancora un gin tonic, ancora un Ave Maria e un Padre Nostro.
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