Le foto di classe rivelano la tua personalità e ti marchiano per il futuro.
Eri troppo alto? Ti mettevano in fondo, dove fermentava il vivaio dei cazzari simpatici (che si piazzavano lì per imporre la propria volontà persino alla maestra e raggiungevano lo scopo prendendola per sfinimento) , davanti avevi rigorosamente il compagno di classe con la cesta di capelli in capo, o quello irrequieto che non stava mai fermo, e rimanevi anonimo per tutti, soprattutto i genitori degli amici, che quando andavi alle feste non ti riconoscevano e non ti facevano entrare o ti dimenticavano rinchiuso in guardaroba.
Stavi in mezzo al gruppo? Eri la pecora del branco, e la tua vita da mediano si sarebbe affermata negli anni, nelle feste di classe eri soltanto un numero, nella vita un dipendente comunale, un marito o una moglie casa e chiesa, comunque una persona seria e rispettabile, di quelle con la faccia di colui che sarebbe stato fermato per strada dai sondaggisti, perché credibile e nella media.
Eri piccoletto? DUEPALLE! dovevi sempre stare in prima fila, anzi, in prima linea come in guerra, soldato Rossi presentat arm, pettinato da paggio (o come Hitler, o Candy Candy) e lucente, col fiocco inamidato, il grembiulino lindo e il sorriso da ebete, quella smorfia che solo quando sei al gabinetto riesci a ripetere, ma soprattutto non sapevi dove cazzo mettere le mani, sul ginocchio se eri per terra, sul pacco se eri maschio e stavi in piedi, non-si-sa-dove (ma spesso unite in preghiera) se eri una femminuccia.
Ti etichettavano come secchione? Ti toccava il posto accanto alla maestra, che ti abbracciava per lo scatto con aria fiera, mentre invidiavi quelli in fondo che urlavano, si davano i pizzicotti e ti prendevano in giro che manco Fantozzi, e avresti voluto drogarti già da tempo.
Ecco perché alle foto di classe ho sempre preferito quelle degli epitaffi.[:it]Le foto di classe rivelano la tua personalità e ti marchiano per il futuro.
Eri troppo alto?
Ti mettevano in fondo, dove fermentava il vivaio dei cazzari simpatici (che si piazzavano lì per imporre la propria volontà persino alla maestra e raggiungevano lo scopo prendendola per sfinimento).
Davanti avevi rigorosamente il compagno di classe con la cesta di capelli in capo, o quello irrequieto che non stava mai fermo, e rimanevi anonimo per tutti, soprattutto i genitori degli amici, che quando andavi alle feste non ti riconoscevano e non ti facevano entrare o ti dimenticavano rinchiuso in guardaroba.
Stavi in mezzo al gruppo?
Eri la pecora del branco, e la tua vita da mediano si sarebbe affermata negli anni, nelle feste di classe eri soltanto un numero, nella vita un dipendente comunale, un marito o una moglie casa e chiesa, comunque una persona seria e rispettabile, di quelle con la faccia di colui che sarebbe stato fermato per strada dai sondaggisti, perché credibile e nella media.
Eri piccoletto?
DUEPALLE! dovevi sempre stare in prima fila, anzi, in prima linea come in guerra, soldato Rossi presentat arm, pettinato da paggio (o come Hitler, o Candy Candy) e lucente, col fiocco inamidato, il grembiulino lindo e il sorriso da ebete, quella smorfia che solo quando sei al gabinetto riesci a ripetere, ma soprattutto non sapevi dove cazzo mettere le mani, sul ginocchio se eri per terra, sul pacco se eri maschio e stavi in piedi, non-si-sa-dove (ma spesso unite in preghiera) se eri una femminuccia.
Ti etichettavano come secchione?
Ti toccava il posto accanto alla maestra, che ti abbracciava per lo scatto con aria fiera, mentre invidiavi quelli in fondo che urlavano, si davano i pizzicotti e ti prendevano in giro che manco Fantozzi, e avresti voluto drogarti già da tempo.
Ecco perché alle foto di classe ho sempre preferito quelle degli epitaffi.
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