donne,stupro
Comprendo la posizione di chi ritiene fondamentale la mobilitazione social di tutte le donne che stanno dando testimonianza delle violenze sessuali subite, ma propongo di allargare un po’ la visuale al fine di aggiustare il tiro, se possibile.
È vero che parlarne può infondere coraggio anche alle vittime che per paura hanno taciuto, ma l’obiettivo finale deve essere quello di incoraggiare a sporgere denuncia agli organi preposti, non soltanto esporre i fatti sui social. Avverto la sensazione che tutto si fermi ad un “fare numero” nella immensa schiera di chi ha subito, ma a che serve se poi l’esempio da seguire, quello del quale si discute, diventa la “virtuosa aspirante valletta” che avrebbe potuto diventare una star e invece non ha potuto lavorare perché non si è concessa a innumerevoli registi e produttori che la bramavano? Mi sembra mostruosamente fuori tema.
Sì, perché tra le varie, toccanti e importanti testimonianze che possiamo leggere in questi giorni in rete, si stanno insinuando decine di “Bohp” (Vip? Nip? Boh?) più o meno conosciute/ricordate, le quali hanno avuto a che fare a vario titolo con la tv e, in virtù di questo, ora concedono interviste su blog e testate on line, per fornire la propria testimonianza sul fatto che “se vuoi lavorare in tv devi concederti, altrimenti non resta che rinunciare alle tue ambizioni in questo settore”. Qui non ci sono racconti di violenze sessuali, assalti, droga nel bicchiere e risvegli senza abiti, ma nebulosi ricordi di profferte sessuali al fine di ottenere lavoro nel campo dello spettacolo.
Adesso, già trovo fuori luogo, fuori tema e fuori dal mondo che queste signore cavalchino l’onda del dibattito sulla “violenza sessuale” per ricordare al mondo che esistono e che se non sono diventate premio Oscar è solo perché “hanno detto no” ma soprattutto: è terribilmente crudele nei confronti delle vere vittime e anti-femminista che alcune di queste signore accusino, per nulla velatamente, le donne che a loro dire avrebbero fatto scelte diverse, acconsentendo a certi ricatti e dunque depredando “quelle virtuose” di lavori e ruoli importanti. L’epilogo di tali considerazioni è questo: mentre io che ho rifiutato di concedermi sono a casa e nessuno mi conosce (ti sarai mica pentita?) tutte le altre che fanno carriera, ci sono riuscite in virtù del fatto che si sono regalate a registi e produttori. Un messaggio terribile e umiliante che punta il dito su tutte le donne che lavorano nello spettacolo e le etichetta come “luride mignotte inette e senza merito alcuno”.
Non ho dubbi sul fatto che in qualunque ambito (non solo lavorativo) possano verificarsi tentativi di prevaricazione a sfondo sessuale, ma da qui a insinuare che le donne che lavorano nello spettacolo siano tutte “amanti o fidanzate di” ce ne corre.
Inoltre, la sfumatura più subdola delle “Bohp” è quella della supponenza e si traduce in un presuntuoso stupore nel constatare che tante donne siano cascate nel tranello del “lavori solo se”: non lo capiscono, perché a loro non è mai capitato e hanno sempre evitato cene o appuntamenti sospetti, pur continuando a lavorare senza problemi. E allora perché partecipate a una discussione di tale portata e importanza sociale se non avete idea di cosa sia una violenza sessuale? Un po’ come se io usassi l’hashtag #anonimaAlcolisti per scrivere “non so come avete fatto a ridurvi così, io non mi sono mai ubriacata e se capito a una festa che prende derive pericolose me ne vado”. Bene, brava, e dunque?
E così, mentre migliaia di donne si stanno confrontando coi propri demoni e cercano di aiutare le altre, queste strane creature si insinuano per insultarle con le loro illazioni e il vuoto della loro inutile vanità.
La stupidità del male.
Forse dovrebbero addirittura essere comprese e supportate, da uno bravo però.
Denunciate. Tutte.
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