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Io avevo più o meno 22/23 anni quando, con con un’amica, andai a Firenze a vedere Benigni.
Eravamo partite da Pisa, con il treno, per raggiungere poi, in bus, piazzale Michelangelo, che è in una zona lontana dal centro.
Lo spettacolo finì tardi e rischiavamo di perdere l’ultimo treno per Pisa.
A me non prese il panico, vuoi per l’euforia dello spettacolo, vuoi per i 20 anni, vuoi perché io, un po’ ingenua lo sono sempre stata. L’altra ragazza invece era preoccupata perché se avessimo perso il treno per Pisa, avremmo dovuto aspettare la mattina per tornare a casa.
Le navette che portavano gli spettatori dal piazzale al centro scarseggiavano e quelle che arrivavano erano prese d’assalto. Taxi affollati.
Non c’era tempo di aspettare. Così, vidi un’auto dei carabinieri che metteva in moto e, leggera leggera, mi avvicinai per spiegare la situazione: “Siamo sole, senza auto, rischiamo di restare in giro tutta la notte. Ci date un passaggio in centro?”
Il carabiniere rispose, vagamente allibito: “Guardi che le volanti non le possiamo usare per questo”.
Ovviamente mi sono sentita una cretina.
Ovviamente non lo rifarei.
Ovviamente oggi, se volessi andare a piazzale Michelangelo, andrei in auto.
Ovviamente quella sera abbiamo aspettato la navetta e abbiamo perso l’ultimo treno.
Ovviamente abbiamo passato la notte a Firenze da sole fino all’alba.
Quello che invece non dovrebbe essere ovvio è che oggi leggo che due ragazze sono state violentate da due carabinieri da cui avevano accettato lo stesso passaggio da piazzale Michelangelo al centro.
Quello che non dovrebbe essere ovvio è ritrovarsi a pensare, ogni dannata volta: “Sono stata fortunata”.
A prescindere da cosa sarà confermato dell’accusa di violenza sessuale, non dovremmo essere fortunate.
Ma libere.[:]
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