[:en]
Lunedì 15 gennaio 2018.
In chat:
“Guarda che sta piangendo… a singhiozzi”
“Lo so”
Davvero, lo so. Anche se non sono lì, con le mie due amiche, una che piange e l’altra che mi informa, lo so.
E non è solo perché siamo tre amiche e siamo pure un po’ sorelle, e allora quello che provano loro, anche se viviamo a 500 km di distanza, è come se lo provassi anch’io.
È che proprio lo so, che cosa si prova.
È lunedì 15 gennaio ed è un giorno come un altro. Anzi, secondo uno psicologo inglese, un certo Cliff Arnall, pare che sia un giorno un po’ più triste della norma. Un blue monday: il giorno più triste dell’anno.
In Inghilterra pare che molti abbiano preso parecchio sul serio la cosa.
Io onestamente non ce la faccio.
Però… in effetti… non mi sento al massimo. Ho dormito poco e male, ed è un altro di quei giorni in cui hai trent’anni, pure un po’ di più, e senti più forte del solito quel contrasto tra l’età adulta e l’adolescente che, mai come per la nostra generazione, stenta ad andarsene.
E invece magari, un lunedì particolarmente triste di gennaio, scopri che se ne va.
Proprio mentre pensi che sia tutto, bene o male, come sempre, ti accorgi che un altro pezzo di adolescenza se ne va. Ma non proprio l’adolescenza degli sfoghi ormonali, dermici o mentali.
L’adolescenza nel senso di leggerezza, nel senso di essere talmente pieni di robe, pensieri, idee, emozioni che per contrasto diventi più leggero e cammini sempre a tempo di musica, anche senza cuffie alle orecchie.
Invece adesso, a trent’anni e pure un po’ di più, se ne sta andando una quantità impressionante di pezzi di adolescenza e pezzetti di sogni leggeri e sane ingenuità.
Ecco cosa sta succedendo alla nostra generazione.
Ogni volta che un mito sparisce, si porta dietro tutto quello che rappresenta e ha rappresentato e soprattutto quello che avremmo voluto rappresentasse ancora per molto.
È successo con Micheal Jackson, Robin Williams, Prince, Bowie e la lista è lunga.
E purtroppo alla lista si aggiunge Dolores, che non era solo brava, non era solo parte di un gruppo cult come i The cranberries.
Era inconfondibile. Aveva una voce che evocava sogni e contrasti, quelli che la nostra generazione conosce bene.
Così la sua morte prematura si porta dietro un altro sogno e aumentano i contrasti. E lo so che magari è capitato anche ad altri,di altre epoche, ma il fatto è che la mia generazione di contrasti ne vive davvero tanti, di certezze ne ha davvero troppo poche e allora i sogni, i miti, non possono sparire, ci servono tutti non uno in meno.
“We were living for the love we had
Living not for reality…” diceva proprio Dolores in Just my immagination.
Ecco perché la mia amica piange a singhiozzi da ieri.
Non è una ragazzata, né il delirio di un fan. Sono le lacrime di una generazione che vive in bilico e allora deve aggrapparsi alle emozioni.
Sono i singhiozzi di una genrazione che sa ancora piangere.
E che oh, a questo punto, magari, gli tocca credere pure al blue monday…
Ma anche no.[:it]
Lunedì 15 gennaio 2018.
In chat:
“Guarda che sta piangendo… a singhiozzi”
“Lo so”
Davvero, lo so. Anche se non sono lì, con le mie due amiche, una che piange e l’altra che mi informa: lo so.
E non è solo perché siamo tre amiche e siamo pure un po’ sorelle, e allora quello che provano loro, anche se viviamo a 500 km di distanza, è come se lo provassi anch’io.
È che proprio lo so, che cosa si prova.
È lunedì 15 gennaio ed è un giorno come un altro. Anzi, secondo uno psicologo inglese, un certo Cliff Arnall, pare che sia un giorno un po’ più triste della norma. Un blue monday: il giorno più triste dell’anno.
In Inghilterra pare che molti abbiano preso parecchio sul serio la cosa.
Io onestamente non ce la faccio.
Però… in effetti… non mi sento al massimo. Ho dormito poco e male, ed è un altro di quei giorni in cui hai trent’anni, pure un po’ di più, e senti più forte del solito quel contrasto tra l’età adulta e l’adolescente che, mai come per la nostra generazione, stenta ad andarsene.
E invece magari, un lunedì particolarmente triste di gennaio, scopri che se ne va.
Proprio mentre pensi che sia tutto, bene o male, come sempre, ti accorgi che un altro pezzo di adolescenza se ne va. Ma non proprio l’adolescenza degli sfoghi ormonali, dermici o mentali.
L’adolescenza nel senso di leggerezza, nel senso di essere talmente pieni di robe, pensieri, idee, emozioni che per contrasto diventi più leggero e cammini sempre a tempo di musica, anche senza cuffie alle orecchie.
Invece adesso, a trent’anni e pure un po’ di più, se ne sta andando una quantità impressionante di pezzi di adolescenza e pezzetti di sogni leggeri e sane ingenuità.
Ecco cosa sta succedendo alla nostra generazione.
Ogni volta che un mito sparisce, si porta dietro tutto quello che rappresenta e ha rappresentato e soprattutto quello che avremmo voluto rappresentasse ancora per molto.
È successo con Micheal Jackson, Robin Williams, Prince, Bowie e la lista è lunga.
E purtroppo alla lista si aggiunge Dolores, che non era solo brava, non era solo parte di un gruppo cult come i The cranberries.
Era inconfondibile. Aveva una voce che evocava sogni e contrasti, quelli che la nostra generazione conosce bene.
Così la sua morte prematura si porta dietro un altro sogno e aumentano i contrasti. E lo so che magari è capitato anche ad altri, di altre epoche, ma il fatto è che la mia generazione di contrasti ne vive davvero tanti, di certezze ne ha davvero troppo poche e allora i sogni, i miti, non possono sparire, ci servono tutti, non uno in meno.
“We were living for the love we had
Living not for reality…” diceva proprio Dolores in Just my immagination.
Ecco perché la mia amica piange a singhiozzi da ieri.
Non è una ragazzata, né il delirio di una fan. Sono le lacrime di una generazione che vive in bilico e allora deve aggrapparsi alle emozioni.
Sono i singhiozzi di una generazione che per fortuna sa ancora piangere.
E che oh, a questo punto, deve credere pure al blue monday…
Ma anche no. [:]
Leave a Reply