Sapevo che aver messo al mondo un maschio sarebbe stata una grossa responsabilità.
Credendo anche io nella teoria che anche un uomo può riuscire in tutti quei campi che, a causa di pregiudizi e stereotipi, gli sono sempre stati preclusi, tipo i lavori domestici, ho preso come una missione degna di Pigmalione educare mio figlio privo di ogni condizionamento di genere.
Nella mia missione sono stata costante e coerente:
a partire dai 3 mesi mi accompagna con regolarità dall’estetista, tanto che ormai mi ricorda lui gli appuntamenti.
Se suo padre gli fa ascoltare gli ACDC, io non gli ho mai negato un karaoke sulle note di “Let it go” di Frozen.
A casa abbiamo giochi di tutti i colori: rosso, nero, blu, verde, viola fucsia e rosa.
Quindi per ne è stato naturale chiedermi: ma da chi le ha imparate certe cose?
All’inizio mi sembrava un caso, ma poi ho iniziato ad osservarlo meglio, e devo ammettere che, nonostante i miei sforzi, mio figlio, 4 anni, è sessista.
Ha iniziato con la tazzina del caffè, mi porge sempre quella rosa. Da un po’ di tempo quando giochiamo a pirati sono passata dall’essere Spugna, il fedele mozzo di Capitan Uncino, a essere la mamma pirata (sobria) che prepara le cose, le bambole sono diventate “i giochi delle femmine”, e se al supermercato regalano il supereroe femmina, lui semplicemente lo schifa.
Il mio primo istinto è stato il civile confronto: ho provato a spiegargli che, no, non esistono giochi da maschi e da femmine, e non ci sono i colori dei maschi e delle femmine, e che no, il pirata mamma può anche sparare con il cannone, e che … “ebbastaaaa, molla!” mi dice mio marito.
Non potendo contare sul supporto della mia controparte maschile, è iniziato il processo di autocritica: effettivamente, io che ho anche la moka rosa, non sono stata un esempio di sovversione degli stereotipi. Quindi ho iniziato a fare uno sforzo in più! Ho iniziato a chiedergli le macchinine verdi (colore da maschio), vestirmi di blu (come gattoboy, che tristezza), e smetterla di giocare alla principessa che si addormenta colpita da un incantesimo (che era la mia scusa per fare dei sonnellini ogni tanto). E il mio sacrificio non è stato vano… è stato proprio inutile e frustrante.
Può essere davvero che la società e il mondo esterno riescano ad avere più influenza dei rigidi e inflessibili metodi educativi di una madre?
Allora mollo davvero, anzi sai cosa? Da oggi mio figlio sarà iniziato alla più virile delle attività: gli allenamenti di calcio. E proprio su quell’erba verde, simbolo di tutti i luoghi comuni sugli uomini, ho avuto il mio riscatto. Vederlo correre e saltare e fare i balletti su quel campo, totalmente noncurante dell’allenatore e dei suoi compagni, steso a prendere il sole sull’erba, vederlo usare la rete della porta come un’amaca mentre tutti gli altri sgomitavano per prendere il pallone e segnare, incitati dai propri padri e nonni. Quel suo totale disinteresse misto a disprezzo per il pallone mi ha dato un moto di orgoglio: forse non tutto è perduto.
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