Se per gli analfabeti funzionali gli emoji sono un’àncora di salvezza, per i filologi costituiscono la più grande arma di distruzione lessicale.
Pare che se ne scambino circa 6 miliardi ogni giorno e, in un mondo che va di corsa, una faccina che ride o piange, un fiore, un bicchiere di vino (con un panino), sintetizza ogni genere di pensiero che ci passa per la mente.
Il problema vero è che siamo talmente abituati a digitare in fretta, che dobbiamo prestare la massima attenzione quando scambiamo messaggi con professionisti o conoscenti con cui non abbiamo confidenza: spedire l’emoticon della cacca al posto di uno smile è un attimo.
Ma con queste piccole icone sempre più spesso acquistano significati metaforici, oltre a quelli che l’immagine suggerisce al primo impatto. Altre volte manifestano una vera e propria ambiguità, ed è qui che nascono le incomprensioni. Soprattutto con i presbiti o i polemici (o con mia madre, con la quale sono passata ai messaggi vocali per quieto vivere).
Ma il vero divertimento sta nell’inviare l’emoji ambigua, soprattutto in ambito sessuale. Si spazia dai cactus, ai più ovvi porcellini, fino ad arrivare a frutta e ortaggi: “venghino, signori, venghino!” (in tutti i sensi). Si va di banane, pesche e carote ma le più inviate paiono essere.. udite, udite.. le melanzane! Signore, complimenti ai vostri partner! Attenzione a chi vi invia, invece, il gamberetto fritto.
E poi pugni chiusi gocciolanti, giochi di manine varie, e chi più ha il cellulare costoso più ne metta o ne inventi. Purtroppo il sexting è un fenomeno piuttosto recente e non è stato ancora inventato un dizionario per interpretare le diverse combinazioni di emoji (mai dire mai, tenete d’occhio i prossimi articoli di Syndrome Magazine!)
Ma la connessione intercontinentale non ci fa più paura proprio grazie a queste piccole faccine colorate! E, al nostro amico jamaicano (non a caso) conosciuto in vacanza, in pochi istanti possiamo far sapere quanto lo pensiamo, con un cuore, un fiore.. un cetriolo.
Questo fenomeno si sta evolvendo e pare che in un futuro non lontanissimo la comunicazione potrebbe avvenire completamente sotto forma di storytelling simbolico e colorato. Ovviamente i grammaticofili si oppongono con fermezza a tale opzione, ma il cambiamento preme ed è inevitabile.
Personalmente, per rendere il risveglio meno traumatico, ad un “Buongiornissimo, kaffèèè?” preferisco ricevere l’emoji di una tazzina fumante. Ad un “ai capito che ti amo, sciema?” potrei svenire e, di conseguenza, decidere di rispondere con le faccine di laccio emostatico e siringa.
Ma nulla può sostituire un “ti amo” o un bel vaf fan cu lo ben sillabato. Al loro cospetto gli ideogrammi non sono altro che una paralingua-paracula. Accanto agli emoji, bisogna sapersi prendere la responsabilità della propria grammatica: bisogna osare manifestando le proprie emozioni articolandole in parole. Altrimenti diventano solo immaginette dietro cui nascondersi.
Comunicate gente, comunicate.[:it]emoji sexting
Se per gli analfabeti funzionali gli emoji sono un’ancora di salvezza, per i filologi costituiscono la più grande arma di distruzione lessicale.
Pare che se ne scambino circa 6 miliardi ogni giorno e, in un mondo che va di corsa, una faccina che ride o piange, un fiore, un bicchiere di vino (con un panino), sintetizzano ogni genere di pensiero che ci passi per la mente.
Il problema vero è che siamo talmente abituati a digitare in fretta, che dobbiamo prestare la massima attenzione quando scambiamo messaggi con professionisti o conoscenti con cui non abbiamo confidenza: spedire l’emoticon della cacca al posto di uno smile è un attimo.
Queste piccole icone sempre più spesso acquistano significati metaforici, oltre a quelli che l’immagine suggerisce al primo impatto; altre volte manifestano una vera e propria ambiguità, ed è qui che nascono le incomprensioni. Soprattutto con i presbiti o i polemici (o con mia madre, con la quale sono passata ai messaggi vocali per quieto vivere).
Ma il vero divertimento sta nell’inviare l’emoji ambiguo, soprattutto in ambito sessuale. Si spazia dai cactus, ai più ovvi porcellini, fino ad arrivare a frutta e ortaggi: “venghino, siòri, venghino!” (in tutti i sensi). Si va di banane, pesche e carote ma le più inviate paiono essere, udite, udite… Le melanzane! Signore, complimenti ai vostri partner! Attenzione a chi vi invia, invece, il gamberetto fritto.
E poi pugni chiusi gocciolanti, giochi di manine varie, e chi più ha il cellulare costoso più ne metta o ne inventi. Purtroppo il sexting è un fenomeno piuttosto recente e non è stato ancora inventato un dizionario per interpretare le diverse combinazioni di emoji (mai dire mai, tenete d’occhio i prossimi articoli di Syndrome Magazine!)
Ma la connessione intercontinentale non ci fa più paura proprio grazie a queste piccole faccine colorate! E, al nostro amico jamaicano (non a caso) conosciuto in vacanza, in pochi istanti possiamo far sapere quanto lo pensiamo, con un cuore, un fiore… Un cetriolo.
Questo fenomeno si sta evolvendo e pare che in un futuro non lontanissimo la comunicazione possa avvenire completamente sotto forma di storytelling simbolico e colorato. Ovviamente i grammaticofili si oppongono con fermezza a tale opzione, ma il cambiamento preme ed è inevitabile.
Personalmente, per rendere il risveglio meno traumatico, ad un “Buongiornissimo, kaffèèè?” preferisco ricevere l’emoji di una tazzina fumante. Ad un “ai capito che ti amo, sciema?” potrei svenire e, di conseguenza, decidere di rispondere con le faccine di laccio emostatico e siringa.
Ma nulla può sostituire un “ti amo” o un bel vaf fan cu lo ben sillabato. Al loro cospetto gli ideogrammi non sono altro che una paralingua-paracula. Accanto agli emoji, bisogna sapersi prendere la responsabilità della propria grammatica, osare manifestando le proprie emozioni articolandole in parole. Altrimenti diventano solo immaginette dietro cui nascondersi.
Comunicate gente, comunicate.[:]
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