Io sono di Ivrea, da sempre, tutta la mia famiglia lo è.
I miei nonni, i bisnonni, credo pure i trisnonni. Le mie radici nascono li. Per ragioni varie la vita mi ha portato a spostarmi, adesso vivo in una grande città, ma ritorno spesso e ho la casa piena cimeli dell’Olivetti e del Carnevale.
Mia figlia si chiama come la Mugnaia, l’emblema della nostra festa, Violetta.
Per chi non lo sapesse Violetta, la figlia del mugnaio, divenne l’eroina della città perché, dopo essere stata presa con la forza dal Barone e come tutte le giovani spose, fu costretta allo ius primae noctis, uno stupro legittimato. Per difendersi da questo stupro, l’ennesimo, Violetta uccise il barone.
In quel caso fu difesa, legittima. Si salvò lei e salvò tutte le donne che dopo di lei avrebbero dovuto subire. Me la immagino, nel letto, con indosso ancora l’abito da sposa, le mani di quell’uomo ovunque, il male, il sangue, la paura, la vergogna, lo schifo, il bisogno di salvezza, un pugnale, la fine di un incubo. Perché quando è legittima, la difesa è sacrosanta. Quando a rischio è la tua vita, altre opzioni non sono possibili, difendersi è un dovere.
Appunto, quando non si può fare altrimenti.
Per tutti gli altri casi, la maggioranza, ci sono le forze dell’ordine, c’è il dovere di chiamarle, di agire nella legalità.
In questo periodo si sta cercando di far passare un concetto, secondo me molto pericoloso: lo stato non ti difende, fallo da solo, armati, spara. Tutto senza criterio, senza voler provare a distinguere, senza cercare di definire una linea che demarchi il territorio tra la difesa legittima e l’abuso.
Tutto si è fatto labile, leggo di novelli sceriffi da tastiera che minacciano stragi nei confronti di chiunque provi anche solo a suonare il citofono.
Casa mia legge mie, leggo.
La casa, un luogo in cui secondo molti la legge dello stato cessa di esistere in virtù di un fai da te folle e pericoloso.
Casa mia legge mia.
L’idea che dentro le mura di casa mia io possa uccidere, sparare, difendermi da un ladro crivellandolo con un intero caricatore.
Casa mia legge mia, continuano a ripetere.
Soprattutto oggi, dopo le notizie che proprio dalla mia Ivrea arrivano. Anche quando le indagini dipingono uno scenario diverso, nessuna colluttazione ma dei colpi sparati dall’alto, da lontano, col ladro di spalle. Provare a chiedere pietà, a far ragionare ti fa passare dalla parte dei ladri. Mi sono state augurate rapine di notte, stupri, violenze sui miei figli, in nome del “vediamo se a quel punto non vorresti uccidere il ladro”.
Io penso che questi siano diventati tempi bui, pericolosi, violenti. Tempi in cui persone frustrate, incattivite dalla vita che si sono trovate costrette a vivere, scelgono un capro espiatorio su cui vomitare tutta la loro rabbia. Ieri erano i terroni, poi sono stati gli albanesi, i romeni, gli africani, l’importante è che sia un altro, diverso da noi, lontano da noi.
Il vero colpevole, in tutto ciò, è chi arma questa violenza, chi la alimenta facendo credere alle persone che da oggi sia possibile farsi giustizia da soli, nel nome di “Casa mia legge mia”, e poi si scopre che così non è. Che la legge sulla legittima difesa è sempre la stessa, che il perimetro entro cui si passa da una situazione lecita a una illecita è sempre quello, che colpi di testa non sono previsti.
E allora chi è il vero colpevole? Chi ha sparato o chi ha fatto credere di poter sparare perché a casa mia legge mia?
Io a tutto questo non voglio sottostare, tutto questo mi fa paura, più dei ladri, più di tutto. Io non voglio avere un vicino di casa legittimato a prendere una pistola se sente un rumore strano in strada, io non voglio vivere accanto a qualcuno che possiede un fucile.
Io voglio che a casa mia ci sia la legge dello stato, non la mia.
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