Ci conosciamo in treno.

Bellissimo, serio ma non serioso, capelli mossi che si scompongono a ciuffi, denti regolari e grandi, perlacei, labbra che si baciano ad ogni labiale, collo elegante e proporzionato, mani che sanno sfogliare libri e belle donne, sguardo spettinato e prismatico, voce profonda, calda e morbida. Inizia aprendo argomenti leggeri e intensi, che non scadono mai.

Rimango appesa alle sue parole, imbambolata come di fronte a una vetrina di dolciumi e cioccolata, o al guardaroba della Ferragni, e risucchio la bava dall’angolino cedevole della bocca, mentre sogno affacciata al suo mondo, carico di fantasia e benevolenza verso i deboli e la semplicità. Avete presente quegli uomini perfetti, da romanzi rosa, quelli fighissimi che parlano col calore di Luca Ward? Quelli che ti smutandano anche solo dicendo: “Oggi fa freschino, vè?”

Due ore di viaggio rotolano in un minuto su rotaie silenziose, schiacciate dai nostri pensieri densi. Io mi pizzico le gote per realizzare che no, non sto sognando, e Morfeo è ancora lì a preparar camomille per la sera. Nel frattempo l’atmosfera è decorata da gesti decisi e occhi che si assaggiano.

E lui vorrebbe rivedermi.

Rivedermiiii?

È ufficiale: o è orbo, o ha fatto una scommessa con gli amici, tipo: “Se riesco a far rincoglionire la prima scema che abbocca in treno, mi regalate una cassa di birra, poi tutti a casa mia, rutto libero!”

Poi si tocca le tasche e mi chiede: “Vuoi una caramella? Devo averle da qualche parte, ne sono certo: le ho prese ieri”.

Ho pensato subito di avere la fiatella, ma era troppo lontano per annusarmi. Estrae dalla giacca un pacchetto di Mentos come un trofeo, ne mancano due o tre. Cioè ma davero davero esiste gente che si fa durare un pacchetto di caramelle più di mezz’ora?

Ma vaffanculo, ho cambiato vagone.

SFIGATO.