Cara maestra delle elementari,
Come va? Tutto bene, spero!
Sa, stavo girando per Facebook e mi è venuta in mente lei, che mi ha fatto una testa così con l’analisi grammaticale e con l’analisi logica. Quanti mesi passati a maledirla per tutte le frasi che ho scomposto, per tutte le volte che ho dovuto aprire un libro di grammatica per cercare l’accidenti di complemento che stavo analizzando! Per questo ho deciso di scriverle una lettera.
Quante volte le ho mandato improperi perché, porca miseria, mi faceva fare compiti di comprensione del testo che a me riuscivano assurdamente facili e proprio non capivo che senso avesse farmi capire il contesto di certe frasi, di certi testi. Erano cose chiare, lampanti, perché dovevo avere un voto anche su questo?
Dopo vent’anni ho capito.
Ci ho messo un bel po’, forse.
Ma ho capito.
Le faccio qualche esempio.
Caso uno: diverse ragazze postano dei loro video in cui ballano o fanno yoga. Queste ragazze sono obese, eppure riescono a fare cose che io, con un fisico più “normale”, se ci provassi finirei al pronto soccorso. Il messaggio è chiaro, lo dicono esplicitamente anche nel video: non fatevi fermare da nulla per realizzare i vostri sogni, potete trovare la vostra felicità, a prescindere da come siete fatte. Io, ansiosa cronica, mi commuovo, prima di leggere un’alta percentuale di persone che dice che quelle ragazze sono un pessimo esempio, che così nessuno avrà più voglia di rimettersi in forma, che il messaggio che passa è sbagliato. Non lo so, maestra, io ho guardato il video e mi sono sentita più motivata a realizzare i miei sogni, a curare la mia alimentazione e a fare movimento. Non mi è venuta voglia di ingozzarmi e non ho fatto proprio caso al fatto che quelle persone fossero obese. E non credo lo avrebbe fatto nemmeno lei. Nessuno sano di mente e in grado di leggere lo avrebbe fatto.
Caso due: gira in rete un articolo che spiega come mai lo Stato italiano non ha ancora detassato gli assorbenti e tutte le loro alternative, ecologiche o meno. Spiega anche perché è importante intervenire sulla tassazione di questi oggetti, così vitali per noi donne. Io, che uso la coppetta da cinque anni, leggo e vengo presa dall’indignazione, visto che le mestruazioni sono tra i fattori che spingono i rappresentanti di entrambi i sessi a sottovalutare le donne. Finché non leggo le risposte di gran parte delle donne (e anche degli uomini, ahimè): a quanto sembra, la soluzione è una sola, la coppetta, tassata anche questa come un bene di lusso, ma tanto si spendono quei dieci, venti, trenta euro una volta ogni tanto, quindi la cosa si risolve così. Cavolo, non ci avevo proprio pensato: io uso la coppetta unicamente perché mi trovo bene, mica sapevo che fosse la soluzione perfetta per tutti i mali delle donne! E certo, è risaputo, se usassimo tutte la coppetta, lo Stato ci prenderebbe più sul serio e noi donne non verremmo trattate da inferiori unicamente per il nostro genoma, come se nascere donne fosse solo una disgrazia che per di più abbiamo chiesto noi. Ah, no, giusto, noi donne di base ce la cerchiamo, sempre e comunque. Chiedo scusa, maestra, la mia comprensione del testo qui è venuta a mancare. Un errore che non si ripeterà più!
Caso tre: una nota pagina di psicologia parla dell’assassinio di una ragazza giovanissima, Giulia, madre di una bambina e strangolata dal suo ex marito, che non voleva essere lasciato. L’assassino lancia per mesi dei segnali ben precisi della sua gelosia patologica, visibilissimi anche sul suo profilo Facebook, tanto che, sottolinea la pagina, anche i loro conoscenti dovevano averli colti. La pagina in questione invita quindi a non restare in silenzio qualora si vedessero segnali di una violenza in atto anche in una coppia di amici. Invita a parlare con la presunta vittima, invita a rivolgersi alle autorità. E uno dei commenti è stato “voi state colpevolizzando la vittima!”. Qui il cervello è stato proprio spento, non c’è che dire.
Cara maestra, tutto questo per dirle una cosa: non avevo mai capito fino a che punto fosse importante leggere fino in fondo e capire cosa si legge. Non avevo mai capito l’importanza reale della grammatica italiana. Sì, ho sempre letto e ho sempre cercato di scrivere il più correttamente possibile, ma non ero consapevole di cosa significasse davvero e che cosa implicasse saperlo fare.
Quindi, cara maestra, concludo questa lettera con una semplice parola:
GRAZIE.
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