Chi è il tuo cantante preferito? L’intellettuale tirerà fuori De Andrè o un altro dei cantautori italiani, l’alternativo il nome di una band svedese che fa musica sperimentale sui ghiacciai, oppure, per non sbagliare, si tireranno in ballo i Queen, che sono tornati tanto di moda. Ma in fondo al cuore c’è un nome che scalpita per essere urlato, un Marco Masini che vuole essere confessato al mondo, le Spice Girls che riemergono dall’inconscio. Eccolo il tuo cantante preferito, da quando avevi 14 anni, che segui sempre, anche se di nascosto, che ascolti e canti a squarciagola nella solitudine della tua macchina, e di cui in fondo un po’ ti vergogni (ma non è il mio caso!).
E poi lui (o lei, ma quasi sempre un lui!) fa un concerto vicino casa tua, e la fiamma rimasta un po’ sopita si riaccende, e decidi che sì, è il momento di tornare dentro la vasca, sotto al palco, attaccata alla transenna, e tutto diventa un grande dejavù dei tuoi 14 anni.
Arrivi alla location almeno 2 ore prima dell’inizio, perché vuoi la prima fila. Non importa che non siano stati venduti 300.000 biglietti, non vuoi avere nessuno in quei 5mt che separano il pubblico dal palco. L’attrezzatura per la lunga attesa ce l’hai: tubo di patatine, riserva idrica, deodorante, perché vuoi mantenere una parvenza umana… tutta roba che ti verrà sequestrata all’ingresso del concerto, perché non è più come una volta, ora la security è gestita direttamente dal servizio di sorveglianza dell’aeroporto ed è tanto che ti consentano ancora di entrare con i lacci delle scarpe.
Ma non importa, la transenna è tua e, se necessario, dovranno rimuovere il tuo cadavere con la forza.
Il tempo va, passano le ore e finalmente il concerto inizia e perdi ogni forma di decoro: urli fino a rimanere afona per i 3 giorni successivi. Salti e ti dimeni incurante del fatto che non hai più l’elasticità della giovinezza e tutto questo ti costerà un paio di sedute dall’osteopata. Ti struggi per i pezzi d’amore, ti scateni come se avessi preso 7000 caffè, alla fine ti senti stravolta ma non hai finito, perché la stalker bambina che è in te, quella che anni (ok, ere geologiche) fa ti ha portato a fargli la posta nella hall dell’hotel dove alloggiava per strappare un autografo, chiede soddisfazione, quindi di corsa verso l’uscita.
E siccome mica ti sei intrippata con il primo narcisista e gelido artista del panorama italiano, ma con il più simpatico, gentile, disponibile e figo, oltre che un chitarrista incredibile, lui si ferma a firmare autografi.
In quel momento mi sono sentita di nuovo piccola, come nel 2003, quando non riuscii a dire niente di meglio di “posso stringerti la mano?”. Però stavolta posso affrontare una conversazione… dai bocca, sbloccati da quella paresi che hai da 2 ore e articola un pensiero, prima che vada via… sta finendo di firmare, di’ qualcosa, si ce l’hai, dillo: “Complimenti”. Tra tutte le cose che potevi dire, complimenti! Come un venditore di materassi (“… e complimenti per l’acquisto”) o un caddie (“complimenti, bel tiro Sir”)! Potevi dirgli “sei il più grande musicista di tutti i tempi”, “sei un gran figo”, “ti amooooooo” come la peggiore delle adolescenti in preda all’ormone, ci avresti fatto una figura migliore! Beh, la verità è che mi piaci per davvero, anche se non te l’ho detto e tutta sta tiritera serve a me per dirti che sei uno su un milione.
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