Villa Diodati, Cologny, 26 maggio 1816
Caro diario,
E’ quasi ora di cena. La luce morente del sole fa capolino tra le montagne, inondando le acque del lago di una luce dorata. Finalmente la pioggia, l’interminabile pioggia che ci ha relegato tra queste quattro mura per così tanti giorni, ha cessato di avvolgere i nostri animi di malinconia. Ciò nonostante percepisco una strana atmosfera, come se stesse per succedere qualcosa che cambierà per sempre il corso della nostra vita.
Mi sono rintanata nella mia camera con la scusa che dovevo cambiarmi d’abito. In realtà volevo starmene un po’ per i fatti miei, ritrovarmi con i miei pensieri e farci una chiacchierata. Questa vacanza sul lago di Ginevra, a causa del maltempo, si sta rivelando una vera delusione. La compagnia, composta da quelli che dovrebbero essere “spiriti eletti”, tra i più alti ingegni di questa nostra società così moderna e nello stesso tempo così legata alla tradizione, mi sta deludendo ancora di più delle condizioni atmosferiche. Abbiamo trascorso intere giornate al chiuso, a leggere inutili storie di fantasmi, come se si trattasse di esposizioni scientifiche, o a disquisire sui principi che regolano la vita come se si trattasse di storielle della buonanotte. L’unica emozione l’ho provata quando abbiamo analizzato l’esperimento condotto da Galvani su una rana: l’dea che in ogni essere ci sia dell’elettricità e che una scintilla possa creare della vita dove prima non c’era (o non c’era più) è alquanto incredibile. L’educazione che ho ricevuto e le mie esperienze fuori dal comune mi fanno pensare che la scienza possa spingersi oltre l’immaginabile. Che questo sia un bene o un male, ancora non lo so. Certo non sarebbe così strano pensare che a qualcuno venga in mente di sottoporre un cadavere ad un tale test. A questo punto a qualche uomo di scienza potrebbe addirittura venire in mente di creare una specie di super-essere, una sorta di patch-work umano composto da parti appartenuti a corpi diversi. Se solo bastasse una scintilla per riportare in vita questo insieme straordinario, l’uomo avrebbe davanti a sé una scoperta del tutto eccezionale.
Ma non voglio divagare oltre. Ho altri pensieri che mi tormentano.
Byron e gli altri si stanno cimentando in un’insolita sfida, io credo più dettata dalla noia che dalla volontà di creare qualcosa di straordinario. L’idea è quella di inventare un racconto pauroso che parli di fantasmi, sulla falsa riga di quelli ascoltati nelle scorse giornate, per sottoporlo al giudizio degli altri. Percy non ha ancora scelto il soggetto del suo racconto, ma se tanto mi dà tanto, il suo incredibile genio gli eviterà di farsi prendere la mano con le assurde storie di fantasmi e vampiri che tanto divertono tutti gli elementi di questa nostra stramba compagnia.
Paradossalmente hanno chiesto anche la mia partecipazione. A me, una donna! Cosa si aspettano che scriva? Qualcosa al pari della signora Radcliffe, suppongo. Una storiella appena passabile che, al massimo, potrà far tremare qualche svenevole donnicciola. Non credono sul serio che io possa eguagliare il loro ingegno. Sarà una bella sfida. Soprattutto perché a me le storie di fantasmi manco attirano. Piuttosto credo che prenderò spunto da qualcuno degli argomenti trattati nelle serate scorse: sono convinta che, a dispetto di aristocratici vampiri o evanescenti spiriti incorporei, il vero mostro si possa celare in ciascuno di noi, magari proprio nel più insospettabile degli uomini di scienza.
Ho in mente un soggetto, a dire il vero. Non voglio ancora parlarne, perché temo che gli altri possano deridermi. L’idea mi è venuta da un incubo che ho fatto poche sere fa. C’era un temporale, uno di quelli che spazzano ogni certezza, che ti rivoltano l’anima nel profondo. Mentre dormivo, inquieta, i suoni raccapriccianti della natura fuori dalla mia finestra sono diventati parte del sogno. Ricordo solo un lampo e poi un grido disumano: “It’s alive!!!”. Mi sono svegliata in un bagno di sudore, ma per non disturbare Percy mi sono girata dall’altra parte e ho cercato di riaddormentarmi. Potrebbe venirne fuori qualcosa di buono? Ci lavorerò su. Magari ambienterò il mio racconto proprio qui, in Svizzera.
Mi chiamano. La mia cameriera è appena entrata per avvisarmi che la cena sarà servita tra pochi minuti. Speriamo solo che Polidori non riattacchi con la solfa del ridicolo vampiro succhia-sangue di cui ci ha accennato ieri sera… Cercherò di vincere la noia imbastendo la trama della mia storia.
Del resto cosa potrebbe succedere ancora? Potrebbe andar peggio di così?
Certo.
Potrebbe piovere
Tua affezionatissima
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