Bodyshaming, sul dizionario è indicato come forma di bullismo in cui tratti dell’aspetto fisico vengono utilizzati per insultare e umiliare qualcuno. E’ una parola inglese composta da body, corpo e da shame, vergogna. Letteralmente provocare vergogna per il proprio corpo.
Provo a spiegarmi meglio.
Sei grass*? Sei un* ciccion*.
Sei magr*? Probabilmente soffri di anoressia o sei un* tossic*.
Hai un seno prorompente? Sei una troia.
Il bodyshaming c’è sempre stato, tutti almeno una volta nella nostra vita siamo stati presi in giro per un tratto del nostro aspetto fisico (c’è addirittura chi insulta Chiara Ferragni per i suoi piedi, ripeto, Chiara Ferragni per i piedi). Con i social networks tutto è esploso. Se prima ci si limitava alla battuta nella cerchia di conoscenti, ora chiunque è a rischio, anche perchè insultare con la sensazione di essere protetti dall’anonimato aiuta a tirare fuori gli istinti più beceri. E chi se ne frega se con le parole che usiamo qualcuno starà male. Chi se ne frega se noi riduciamo una persona alla taglia che indossa, alla forma del suo naso, alla quantità di capelli che porta in testa.
È tanto tanto tanto divertente.
Non avete ancora provato? Diventare un perfetto odiatore è facile, fate così:
Iniziate col vivere una vita triste, mediocre e non realizzatevi. Questo è fondamentale.
Trovate qualcuno, possibilmente lontano da voi che invece sia in gamba.
Inventatevi un nickname così da tenere coperta la vostra identità (insultare nascondendosi è ancora più divertente).
Sfogate su questa persona ogni vostra frustrazione: gli esami a cui vi bocciano. Il lavoro sottopagato. Vostra moglie che vi fa le corna. Vostro marito che chatta di nascosto con la vecchia amica del liceo.
Non vi sentite già meglio? Non siete già più ricchi? Più belli? Il vostro lavoro non vi sta facendo guardagnare già di più?
NO? Ah, è ancora tutto uguale a prima? Strano, dicevano che tutto sarebbe cambiato.
L’unica cosa che è cambiata è che, rispetto a un tempo, le vittime di bodyshaming non stanno più zitte. Non si chiudono più nella propria cameretta a piangere, non fanno più sessioni di digiuno per entrare nel costume taglia M. No, parlano. Anzi urlano. L’ultima è stata una mia amica, bella, brava, intraprendente. Avete presente la prima edizione di Masterchef? Quella che ci fece scoprire Cracco, Barbieri e Bastianich?. A vincere fu Spyros, un concorrente di origine greca trapiantato a Modena, al secondo posto arrivò Luisa, giovanissima appassionata di cucina della provincia di Napoli. Io quell’anno seguivo la parte social della trasmissione, mi occupavo della diffusione delle notizie, dei video e soprattutto moderavo i commenti insieme al resto del team. Un lavoro bellissimo, ma anche duro, che per la prima volta mi mise faccia a faccia col bodyshaming.
Spyros era, per i suoi detrattori, quello gay. Non importava che fosse bravissimo, lui era gay. O meglio frocio. Che rende di più. Perché quando non si sa come criticare qualcuno si usano queste parole.
Luisa era quella grassa. Cicciona. Non potendole obiettare niente a livello di cucina, ecco che la si denigrava per qualcosa che non c’entrava assolutamente nulla.
Oggi Luisa è stata molto coraggiosa, ha pubblicato uno screenshot con alcuni messaggi ricevuti in privato, crudeli e vergognosi. Una trafila di insulti e volgarità. Cos’avrà mai combinato per meritarseli? Niente. Semplicemente, orrore, Luisa è ancora grassa. E non si vergogna a postare fotografie che la ritraggono. Questo a quanto pare basta a scatenare i più biechi istinti, fino a farle ricevere questi messaggi:
“Ciao adoro la cucina sono una tua grande fan ma sono anche contenta che hai perso masterchef alla prima stagione brutta cicciona di merda grassa del cazzo spero che ti sparino alle ginocchia in qualche via della tua città puzzolente”
(no, non ho dimenticato la punteggiatura, è che chi le ha scritto questo sonetto proprio non la reputa necessaria).
E noi che dobbiamo fare? Restare immobili a guardare? No, quello che possiamo e dobbiamo fare è denunciare, denunciare subito. Screenshot alla mano, andare e sporgere denuncia. Seguire il movimento #odiareticosta, che mette a disposizione delle vittime avvocati e psicologi. Non soccombere, proteggerci. Proteggere soprattutto i nostri figli, perché non crescano sicuri del fatto di poter insultare impunemente qualcuno solo perché diverso, solo perché donna, solo perché con una forma fisica che non veste una taglia 40.
Perché uno potrà anche essere grasso, ma quelli saranno per sempre degli stronzi.
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