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A 19 anni, avevo un fidanzato molto più grande di me.
E “molto” significa una ventina d’anni.
Sebbene la nostra fosse una storia d’amore durata parecchi anni, il mondo ci percepiva come “L’anziano e la lolita”, “La zoccola e quello con la grana”, “La spiantata in cerca di figura paterna”, “Il depravato che rasenta la pedofilia”…
Tutto tranne che banalmente innamorati.
Delle persone attorno me ne fregavo bellamente ma, l’unico a cui non riuscivo a dire che amavo un uomo più grande di me, era mio padre.
Primo. Perché era gelosissimo è poco incline a vedere di buon occhio chiunque volesse attentare alla mia virtù.
Secondo. Perché era oggettivamente difficile da spiegare.
E quindi rimandavo di comunicargli la cosa, di mese in mese, sperando che il fato intervenisse miracolosamente in mio aiuto.
E nel frattempo inventavo frottole per poter uscire con il mio anzianofidanzato.
«Vado dalla mia amica». Ed ero a casa di lui.
«Vado in gita con la scuola». E andavamo un week end al mare.
«Vado a un raduno religioso». E via una settimana in barca.
Finché un giorno, il mio anzianofidanzato va via per lavoro e a me si preannuncia un week end da sola: “Cazzo faccio ‘sto fine settimana?”…
Vedo affissa una locandina: “Vieni anche tu a sciare con gli alpini, ci troviamo domenica mattina alle 5:30 nel piazzale di fronte al Municipio”.
Ma che bella idea. E perché no?
Mio padre, che nel frattempo iniziava a mal digerire tutte le balle che gli raccontavo, all’avvicinarsi del week end mi chiede:
«E dove vai sto fine settimana?…».
«Papà – gli rispondo – vado a sciare con gli alpini!!!».
Esplode.
«Mi prendi sempre per il culo!!! Ma pensi che io sia scemo?!!!… E la scuola, e le suore, adesso gli alpini!!!!!!».
«Ma guarda che non è una balla: partiamo domenica alle 5:30 dal piazzale…».
«Ah, sì? E allora ti accompagniamo noi!». Inteso lui e mia madre.
Domenica mattina, alle 5:30, nel piazzale di fronte al comune, partiva un pullman con 49 alpini e me.
Mentre il pullman si allontanava, dai finestrini 49 penne e un fazzoletto bianco (il mio) salutavano mio padre.
Lui pietrificato sul marciapiede, mia madre appoggiata sulla sua spalla che dormiva.
E quella fu anche l’ultima volta che osò chiedermi circa i miei programmi per il week end.[:it]
A 19 anni, avevo un fidanzato molto più grande di me.
E “molto” significa una ventina d’anni.
Sebbene la nostra fosse una storia d’amore durata parecchi anni, il mondo ci percepiva come “L’anziano e la lolita”, “La zoccola e quello con la grana”, “La spiantata in cerca di figura paterna”, “Il depravato che rasenta la pedofilia”…
Tutto tranne che banalmente innamorati.
Delle persone attorno me ne fregavo bellamente ma, l’unico a cui non riuscivo a dire che amavo un uomo più grande di me, era mio padre.
Primo. Perché era gelosissimo è poco incline a vedere di buon occhio chiunque volesse attentare alla mia virtù.
Secondo. Perché era oggettivamente difficile da spiegare.
E quindi rimandavo di comunicargli la cosa, di mese in mese, sperando che il fato intervenisse miracolosamente in mio aiuto.
E nel frattempo inventavo frottole per poter uscire con il mio anzianofidanzato.
«Vado dalla mia amica». Ed ero a casa di lui.
«Vado in gita con la scuola». E andavamo un week end al mare.
«Vado a un raduno religioso». E via una settimana in barca.
Finché un giorno, il mio anzianofidanzato va via per lavoro e a me si preannuncia un week-end da sola: “Cazzo faccio ‘sto fine settimana?”…
Vedo affissa una locandina: “Vieni anche tu a sciare con gli alpini, ci troviamo domenica mattina alle 5:30 nel piazzale di fronte al Municipio”.
Ma che bella idea. E perché no?
Mio padre, che nel frattempo iniziava a mal digerire tutte le balle che gli raccontavo, all’avvicinarsi del week-end mi chiede:
«E dove vai sto fine settimana?…».
«Papà – gli rispondo – vado a sciare con gli alpini!!!».
Esplode.
«Mi prendi sempre per il culo!!! Ma pensi che io sia scemo?!!!… E la scuola, e le suore, adesso gli alpini!!!!!!».
«Ma guarda che non è una balla: partiamo domenica alle 5:30 dal piazzale…».
«Ah, sì? E allora ti accompagniamo noi!». Inteso lui e mia madre.
Domenica mattina, alle 5:30, nel piazzale di fronte al comune, partiva un pullman con 49 alpini e me.
Mentre il pullman si allontanava, dai finestrini 49 penne e un fazzoletto bianco (il mio) salutavano mio padre.
Lui pietrificato sul marciapiede, mia madre appoggiata sulla sua spalla che dormiva.
E quella fu anche l’ultima volta che osò chiedermi circa i miei programmi per il week-end.
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