Dall’ultima volta che abbiamo fatto la fila per acquistare generi alimentari di prima necessità, era passato circa un secolo.
Credevamo di essercela scampata, ma è successo ancora durante l’ultimo lockdown e questo ci dimostra che la sfiga è invincibile. Prima eravamo in una guerra di bombe e sventagliate di mitra e dopo in una guerra di provette e reparti di terapia intensiva.
Prima dovevamo mangiare perché nutrirsi è l’imperativo di vivere e dopo dovevamo mangiare perché, lo sanno tutti che ingozzarsi di schifezze è l’unico antidepressivo che trovi al supermercato.
Nei primi giorni del lockdown, ognuno di noi ha fatto dei buoni propositi. Tutti o quasi ci siamo dati delle regole di sopravvivenza e tra queste c’era il mettersi a dieta, fare ginnastica, prendersi cura del proprio corpo. Tutto questo per evitare di farsi sopraffare dalla paura e soprattutto dalla ciccia. Esauriti i molesti concerti di padelle dai balconi e i “Ce la faremo” che, col senno del poi abbiamo capito che menano tantissima rogna, ci siamo dedicati a noi stessi che finalmente avevamo tempo, perché al mondo là fuori avevano attaccato un cartello con sopra scritto CHIUSO PER VIRUS.
I primi giorni io proprio non ho mangiato, perché ero terrorizzata. Vivo sola per scelta mia ed anche un po’ per scelta del mio fidanzato temo, ma comunque ero sola sul mio pianeta di 62 mq, palazzo signorile, due arie, ripostiglio e cantina. I primi giorni ho fatto ginnastica, ho pure scoperto che la cyclette in camera da letto non è un appendiabiti e ho pedalato. Uscivo solo una volta a settimana per la spesa di cibi sani al bio di quartiere. Nelle mia ora d’aria, addirittura mi intrattenevo in fugaci conversazioni con persone che fino ad una settimana prima mi stavano ferocemente in culo. Praticamente nel mio giro del criceto in ottemperanza al DPCM di Giuseppi, ero pervasa di tanto amore universale che avrei potuto quasi farmi suora, ma è durata poco perché la situazione sanitaria precipitava ed il mio bisogno primario di socialità si azzerava nella paura del contagio. I primi giorni comunque, mi sono comportata benissimo e poi ho irrimediabilmente svaccato.
In realtà da uno studio è emerso che il 40% degli italiani ha preso in media 2 kg durante il lockdown, ma chi mi conosce sa che io amo distinguermi, quindi ne ho presi 5. Riepilogando: quasi tutti hanno svaccato ma io ho preso il primo premio alla Fiera del Bue Grasso con tanto di coccarda tricolore attaccata al deretano.
Finito il lockdown ho quindi deciso di contattare una famosa nutrizionista. Mi ha pesata, mi ha chiamata “tesoro”, mi ha detto che sono una bellissima donna ma pesare come il bilico di un TIR in effetti sminuisce un po’ il mio fascino nordico. Mi ha pure confidato che anche lei durante il lockdown aveva preso qualche chiletto, giusto per prepararsi la strada al regime che mi avrebbe appioppato.
Il carnefice empatizza con la sua vittima per evitarsi un vaffanculo. Il foglio con la dieta settimanale me lo da la sua assistente. Miss SS mi illustra il piano alimentare, che poi consiste in un foglio di poche righe che tanto non c’è niente da mangiare.
Seguo la dieta in un nuovo lockdown personale perché, anche se hanno riaperto i ristoranti, la convivialità del cibo la nutrizionista me l’ha vietata. Fatemi uscire, vi prego. Ridatemi la mia ora d’aria e soprattutto, datemi da mangiare.
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