Natale perenne, Natale per enne. Altrimenti sarebbe: Tatale (Natale per ti), Datale (Natale per di), Fatale (Natale per effe) e via scemando con il resto consonantico.
Minchiutaggini a parte, resta il fatto che il mondo si divide in due grandi categorie: chi la sera del 06 gennaio si è già tolto le palle di mezzo, insacchettato l’albero, re-incartato le figurine del presepe e riaggrovigliato metri di cavo porta lucette, manco fosse inseguito dal Grinch di Equi-Presepio e chi – l’altra quota, forse minoritaria, ma altrettanto di coccio, l’albero di Natale lo fa diventare albero di Carnevale – quasi Pasqua, dai, visto che ci siamo – e il presepe lo toglie che Gesù ha già fatto la maturità.
Punti di vista.
I Re Magi a voler guardare, sono i personaggi più penalizzati. Sembrano i parenti d’oltreoceano che per arrivare alla festa si son fatti un viaggio tanto e quando arrivano son già tutti ubriachi e stravaccati sul divano e restano gli avanzi e le pastarelle che non piacciono a nessuno. Non è carino sbaraccare tutto il 06 gennaio. Non nei loro confronti almeno.
Si potrebbe optare per il Presepe Permanente. Impegnativo, ma di grande impatto. Ne esistono rari casi, se ne conoscete segnalatemeli che li iscrivo nel grande libro dei P.P. or ora inaugurato.
Le decorazioni fuori stagione (mi) fanno tristezza e tenerezza insieme. Lo scrive una che beve tè tutto l’anno nella sua bella tazza sbeccata con Babbo Natale sopra e che se entra a luglio in uno dei magazzini cinesi – dove non esistono le stagioni, ma c’è sempre tutto in ogni momento – uno sguardo alla mercanzia natalizia lo butta comunque.
E in ogni modo la cosa più triste, fra chi sbaracca e chi resta a indugiare sul tempo che scorre comunque troppo veloce, resta il misterioso materializzarsi di frittelle e frappe nei supermercati la mattina del 07 gennaio.
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