In Italia una donna che segue i suoi figli fa la mamma.

In Italia un papà che segue i suoi figli, fa il mammo.

In Italia una mamma che lavora, cucina, consola, parla con le maestre, mette a nanna, fa ciò che ci si aspetta da lei.

In Italia un papà che lavora, cucina, consola, parla con le maestre, mette a nanna, è tanto carino perchè aiuta la mamma.

In Italia una mamma che non lavora per stare con i suoi bambini, non è in grado di coordinare il suo lavoro con il suo ruolo genitoriale.

In Italia un papà che non lavora per stare con i suoi bambini è coraggioso e generoso perchè si sacrifica per la sua famiglia e lascia che la moglie si realizzi.

Perchè tutte queste differenze? Perchè, per quanto se ne parli, in Italia la donna è ancora prima di tutto, molto mamma. A noi ai colloqui di lavoro viene chiesto, tra le righe perchè non si potrebbe, se desideriamo dei figli, solitamente camuffando con: tra cinque anni come ti vedi? A noi viene chiesto alle cene di Natale: e un bambino? Quand’è che me lo fai un bel nipotino?

Immaginatevi se queste cose venissero chieste agli uomini. Impensabile, vero?

Ma forse è così perchè un po’ noi lo permettiamo. Ho visto un sondaggio, pubblicato sul Corriere della Sera in cui 63 donne su 100 si identificano nella frase “un lavoro è importante, ma quello che le donne vogliono veramente è una casa con dei figli“. La stessa frase è vera per 71 uomini su 100. Cioè se fermassimo a caso 100 uomini per strada chiedendogli, secondo te cosa voglio veramente? 71 di loro risponderebbero: la casa, le offerte del mese al supermercato e i figli. Non posso dargli del tutto torto, settimana scorsa quando al supermercato ho trovato la scopa in silicone scontata sono rimasta abbastanza soddisfatta.

Nello stesso sondaggio solo 18 donne su 100 e altrettanti uomini credono che “un padre sia bravo tanto quanto la madre nella cura dei figli“. Questo vuol dire che 82 donne su 100 e altrettanti maschi non considerino un uomo capace di cambiare un pannolino, dare uno yogurt per merenda, aiutare nel fare i compiti, accompagnare a ginnastica e a nuoto. Allora, o noi donne abbiamo davvero un grosso problema di stima nei confronti dei nostri compagni (e altrettanto loro sia chiaro, poichè per primi si considerano degli inetti) o forse questo è un pensiero comodo. Comodo per noi che con questa scusa ci teniamo sulle spalle il fardello, passando come sante agli occhi di non si sa chi, ma almeno facciamo le cose a modo nostro e comodo per gli uomini che si sentono giustificati a non fare una mazza.

Baby, sorry, fallo tu, io non sono proprio capace, sai com’è sono solo un uomo!

Infine il dato più triste, solo il 14% delle donne crede che una madre lavoratrice sia in grado di instaurare col proprio figlio un rapporto altrettanto profondo e stabile quanto una madre che non lavora. Questo vuol dire che 86 donne su 100 considerano una mamma che lavora un po’ meno mamma di chi sta a casa. Come se lavorare fosse un vizio, un divertente passatempo.

Qui mi chiedo, e se a sbagliare fossimo noi? Noi donne. Noi che permettiamo ai nostri compagni di considerarsi inabili a ricoprire il ruolo del padre? Noi che permettiamo alle altre donne di giudicarci se scegliamo di lavorare anzichè seguire i nostri bambini 24 ore al giorno? Noi che ci chiudiamo in una scatola e ci convinciamo che il nostro unico desiderio sia davvero una casa in ordine, due figli possibilmente maschio e femmina, le posate e i piatti del servizio buono?

Iniziamo a pretendere, che la cura dei figli sia compito di tutti e due. Che a casa si stia in maniera alternata, chiediamo che i congedi ci siano per entrambi, invogliamo i nostri compagni a fare il papà, non i mammi, non blocchiamoli con un “faccio io così si fa prima”. Educhiamo le nostre figlie ad amarsi e impegnarsi per ottenere quello che vogliono. Insegnamo ai nostri figli maschi a non considerarsi superiori solo perchè hanno un pene.

E al prossimo colloquio, quando ci chiederanno: e lei tra cinque anni dove si vede? Guardiamo in faccia chi ci sta parlando e rispondiamo:

AL SUO POSTO.