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Oggi esco di casa cercando di lasciare il cane a casa: devo andare a recuperare l’auto dal meccanico, prendere un numero indefinito di mezzi pubblici e devo convincerlo a restare a casa. Ma c’è un sole fantastico e lui mi guarda con scritto in faccia “Stronza perché non mi porti?”. Resisto. Lo lascio a casa ed esco.
Faccio cento metri e della bella giornata di sole non resta più nulla: arriva l’acqua a secchiate. Quindi, torno a casa per prendere l’ombrello.
Apro la porta e “l’animalo” tutto felice mi guarda con la faccia: “Ci hai ripensato, evviva, allora non sei così stronza!”…
Ok. Fanculo, vieni.
E mi incammino sotto la pioggia, con il quadrupede in braccio, sotto l’ombrello per due chilometri fino alla fermata dell’autobus.
Piove a dirotto. Compro i biglietti e salgo sull’autobus. Quando scendiamo alla stazione della metropolitana il mio cane pensa di essere arrivato e dalla gioia salta addosso a un passante. Parte il vaffanculo del passante che il cane ha inzaccherato di fango.
Però almeno siamo arrivati alla metropolitana. Altro biglietto (perché il primo non va bene), e andiamo a prendere un altro autobus. Altro biglietto. Aspettiamo. Il cane punta un kebabbaro. Scendiamo a compromessi ed entriamo in un bar. Ristoro per me e per il cane, notare che dalla partenza sono già passate due ore.
Arriva finalmente l’altro autobus, saliamo. Il cane capisce che sta per mettersi comodo e dalla gioia abbaia a una signora: altro fanculo.
Dopo tre quarti d’ora scopro che l’autobus che ho preso salta una fermata: la mia. Scendo a quella dopo, attraverso la strada. Il cane vede un altro kebabbaro e ci si ripianta davanti, la sua faccia che dice: “Credimi non troveremo mai di meglio”. Lo trascino via, dobbiamo acquistare il quarto biglietto della giornata. Intanto l’autobus che devo prendere ci passa davanti. Da quando sono uscita di casa sono già passate quasi quattro ore.
Inizia a piovere. Il cane è stravolto, io più di lui. Non vedo un panettone di cemento armato e volo in braccio a un tizio di colore che aspettava pure lui l’autobus. Ovviamente mi manda affanculo. Intanto il cane sta correndo di nuovo verso il kebbabbaro.
Piove ancora di più, intravedo un autobus. Ci salgo. Gli chiedo se ferma dove devo andare e il conducente – mentre chiude le porte – mi dice “No, vado direttamente in Cadorna”. Inizio a urlare, prendo borsa, ombrello e cane e glieli tiro addosso! Lo minaccio di farmi saltare in aria se non mi apre immediatamente le porte!!! Le apre in mezzo al nulla e sputa fuori dalla sua corriera me, il cane, la borsa, l’ombrello e pure quello di colore con cui sono salita alla fermata.
Alla fine ho ceduto e ho chiamato un taxi, che ci ha portati a destinazione: ma per far salire il cane ha voluto che lo mettessi in un trasportino.
Dalla partenza sono passate 6 ore, 4 biglietti, un taxi, un trasportino e un numero ormai indefinito di vaffanculi.
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Oggi esco di casa cercando di lasciare il cane a casa: devo andare a recuperare l’auto dal meccanico, prendere un numero indefinito di mezzi pubblici e devo convincerlo a restare a casa.
Ma c’è un sole fantastico e lui mi guarda con scritto in faccia “Stronza perché non mi porti?”. Resisto. Lo lascio a casa ed esco.
Faccio cento metri e della bella giornata di sole non resta più nulla: arriva l’acqua a secchiate. Quindi, torno a casa per prendere l’ombrello.
Apro la porta e “l’animalo” tutto felice mi guarda con la faccia: “Ci hai ripensato, evviva, allora non sei così stronza!”…
Ok. Fanculo, vieni.
E mi incammino sotto la pioggia, con il quadrupede in braccio, sotto l’ombrello per due chilometri fino alla fermata dell’autobus.
Piove a dirotto. Compro i biglietti e salgo sull’autobus. Quando scendiamo alla stazione della metropolitana il mio cane pensa di essere arrivato e dalla gioia salta addosso a un passante. Parte il vaffanculo del passante che il cane ha inzaccherato di fango.
Però almeno siamo arrivati alla metropolitana. Altro biglietto (perché il primo non va bene), e andiamo a prendere un altro autobus. Altro biglietto. Aspettiamo.
Il cane punta un kebabbaro. Scendiamo a compromessi ed entriamo in un bar. Ristoro per me e per il cane, notare che dalla partenza sono già passate due ore.
Arriva finalmente l’altro autobus, saliamo. Il cane capisce che sta per mettersi comodo e dalla gioia abbaia a una signora: altro fanculo.
Dopo tre quarti d’ora scopro che l’autobus che ho preso salta una fermata: la mia. Scendo a quella dopo, attraverso la strada. Il cane vede un altro kebabbaro e ci si ripianta davanti, la sua faccia che dice: “Credimi non troveremo mai di meglio”. Lo trascino via, dobbiamo acquistare il quarto biglietto della giornata. Intanto l’autobus che devo prendere ci passa davanti. Da quando sono uscita di casa sono già passate quasi quattro ore.
Inizia a piovere. Il cane è stravolto, io più di lui. Non vedo un panettone di cemento armato e volo in braccio a un tizio di colore che aspettava pure lui l’autobus. Ovviamente mi manda affanculo. Intanto il cane sta correndo di nuovo verso il kebbabbaro.
Piove ancora di più, intravedo un autobus. Ci salgo. Gli chiedo se ferma dove devo andare e il conducente – mentre chiude le porte – mi dice “No, vado direttamente in Cadorna”. Inizio a urlare, prendo borsa, ombrello e cane e glieli tiro addosso! Lo minaccio di farmi saltare in aria se non mi apre immediatamente le porte!!! Le apre in mezzo al nulla e sputa fuori dalla sua corriera me, il cane, la borsa, l’ombrello e pure quello di colore con cui sono salita alla fermata.
Alla fine ho ceduto e ho chiamato un taxi, che ci ha portati a destinazione: ma per far salire il cane ha voluto che lo mettessi in un trasportino.
Dalla partenza sono passate 6 ore, 4 biglietti, un taxi, un trasportino e un numero ormai indefinito di vaffanculi.
https://www.syndromemagazine.com/le-5-professioni-maschili-piu-sexy-forse/[:]
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